CENTRO PRO UNIONE N. 45 - Spring 1994 ISSN: 1122-0384 semi-annual Bulletin In this issue: Letter from the Director...................................................p. 2 Il Cardinale Agostino Bea a 25 anni dalla scomparsa di Edward Idris Cassidy..............................................p. 3 Santiago de Compostela's Vision of Koinonia in Faith by William Henn...................................................p. 13 La V conferenza mondiale di Fede e Costituzione: Impressioni personali di Teresa Francesca Rossi ............................................p. 21 A Bibliography of Interchurch and Interconfessional Theological Dialogues: Ninth Supplement (1994) .............................................p. 27 Centro Pro Unione - Via S. Maria dell'Anima, 30 - 00186 Rome, Italy A Center conducted by the Franciscan Friars of the AtonementDirector's Desk In November of 1993 we commemorated the 25 th anniversary of the death of Augustine Cardinal Bea with a conference given by Edward Cardinal Cassidy. Many who personally knew Cardinal Bea were present to honor his memory and the great contribution which he made to the ecumenical movement. The occasion not only provided an opportunity to reflect on Bea's achievements but also on the very principles of renewal and ecumenism which he helped formulate during and after the Second Vatican Council. During the months of November and December the Centro offered a course on the “ecumenical spirituality in the first letter of Peter”. This course was taught by Sr. Elena Bosetti, professor of New Testament at the Pontifical Gregorian University. The Italian text of this course will be printed in the 10th volume of the series Corso breve di Ecumenismo published by the Centro. During the Week of Prayer for Christian Unity, the Centro co-sponsored with the Vincent Pallotti Institute, the Lay Centre at Foyer Unitas and the Department of Ecumenical Theology at the Pontifical University of St. Thomas a study day on the theme “Towards Koinonia in Faith, Life and Witness”. This day of prayer and reflection focused on the theme of the V th World Conference on Faith and Order in Santiago de Compostela. The text of the keynote talk is included in this issue. Other reflections included a round table discussion on “Seeds of Hope for the Future” led by Sr. Mary O'Driscoll, O.P. with the participation of some of the other participants at the World Conference. The day ended with some personal reflections given by Johannes Cardinal Willebrands entitled “From Where We Have Come - The Ecumenical Pilgrimage: Why I am a Man of Hope”. During the day, the Rt. Rev. Dr. Voitto Houtari, Evangelical Lutheran Bishop of Mikkeli, Finland led an Ecumenical Prayer Service. The Centro welcomed several groups including: the Graduate School of the Ecumenical Institute of Bossey, Switzerland, a group of Evangelical Lutheran theological students from the Lutheran church in Schleswig-Holstein, Germany and the Orthodox Choir from the University of Joensuu, Finland which was accompanied by Bishop Ambrosius of Joensuu. We would like to remind our readers that the Bulletin is sent free of charge as a service of the Centro. However, we would appreciate your contributions to help cover expenses involved in the mailing of the Bulletin. You can also help us serve you more efficiently if you would take a moment to fill out the enclosed address up-date form and return it to us with the mailing label. Please inform us if you no longer wish to receive the Bulletin. This will enable us to clean up our files and be more cost effective. From June 27th to July 14th, 1994, we will offer the second annual course: “Introduction to the Ecumenical & Interreligious Movements from a Roman Catholic Perspective”. There are few places still open for this course. If you are interested please write us for more information. Lastly, we wish to say ‘Arrivederci' to Fr. Kevin McMorrow who will be leaving Rome and the Centro's staff for a new assignment. Kevin who has been former director has contributed greatly to the Centro's activities and he will be missed. Best wishes to Kevin. To all of our readers have a pleasant and enjoyable Summer and if your plans include a visit to Rome please stop by the Centro. James F. Puglisi, SA DirectorN. 45 / Spring 1994Bulletin / Centro Pro Unione 3 CC Centro Conferences Il Cardinale Agostino Bea a 25 anni dalla scomparsa Edward Idris Cardinale Cassidy Presidente, Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (Conferenza tenuta al Centro Pro Unione, lunedì 22 novembre 1993) Spesso si dice che viviamo in un tempo in cui fin troppo facilmente si dimentica. Dato che è già passato un quarto di secolo da quando il Cardinale Agostino Bea ci ha lasciati, sembra utile profittare dell'occasione per presentarlo questa sera. Si tratta di un gesuita tedesco, esegeta, soprattutto dell'Antico Testamento, per 19 anni Rettore del Pontificio Istituto Biblico al tempo dei Pontificati di Pio XI e Pio XII. Dal 1945 al 1958 è stato confessore del Papa Pio XII ed anche suo fidato consigliere. Dopo che nel 1949 aveva lasciato la direzione dell'Istituto Biblico, ha lavorato nella Curia Romana, soprattutto come consultore dell'allora S. Uffizio e come membro della Commissione per la Riforma liturgica. Nel dicembre 1959 è stato da Papa Giovanni XXIII creato Cardinale, del titolo di S. Saba. Pochi mesi più tardi, lo stesso Papa lo nominava Presidente dell'appena istituito Segretariato per l'unità dei cristiani, ufficio che egli conserverà fino alla sua morte nel novembre 1968. Dopo questa più che scarna presentazione, citiamo qualcuna delle molte valutazioni globali della sua personalità e della sua opera. Il Papa Giovanni XXIII, tre mesi prima della morte, diceva ad un laico cattolico italiano: “Pensi quale grande grazia il Signore mi ha fatto di trovare il Cardinale Bea”1. Di ritorno dal suo famoso pellegrinaggio in Terra Santa, nel gennaio 1964, Papa Paolo VI, salutava i Cardinali. Arrivato a Bea gli disse: “Ho seguito le orme di Papa Giovanni e di Vostra Eminenza” 2 . Il Patriarca Athenagoras I dichiarava dopo la morte di Bea: “L'opera che il Cardinale, di imperitura memoria, ha compiuto a fianco di Papa Giovanni XXIII e di Papa Paolo VI, è di valore incommensurabile” 3 . Sottolineamo di passaggio questa parola “a fianco” dei due Papi. È un elemento fondamentale, su cui dovremo ritornare. L'Arcivescovo di Canterbury Dr. Michael Ramsey così si esprime: Il Cardinale “è stato uno dei più grandi amici dell'unità dei cristiani e la sua opera per questa causa risulterà essere di immensa importanza nella storia”4. Il noto vescovo luterano di Monaco in Germania e Presidente della Chiesa evangelica in Germania, Dr. Hermann Dietzfel- binger scrive: “Il Cardinale Bea ha aperto con paziente e cauto lavoro, passo per passo, molte porte al nuovo incontro delle confessioni nella verità e nella carità” 5 . Per ultimo, il giudizio del Dr. E. Carson Blake, allora Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese: Il Cardinale “era divenuto già durante la sua vita simbolo dell'unità all'interno della cristianità”6. Svolgeremo il nostro tema in tre passi: (1) L'attività di Bea nel quadro del Vaticano II; (2) il rapido sviluppo dell'ecumenismo nell'ultima parte del Concilio; dopo (3) cercheremo di presentare l'uomo, la sua preparazione, il “segreto” del suo successo. I.L'attività di Bea A)Nel quadro del Vaticano II Qui il primo punto riguarda l'ecumenismo e può essere sintetizzato nelle parole l'ingresso ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico. La formula sembra semplice, ma infatti comprende tre elementi, tutti di fondamentale importanza: 1)l'istituzione nel governo centrale della Chiesa di un 1 Dove non è indicato, tutte le referenze sono citate nella versione italiana della biografia del Cardinale: S. SCHMIDT, Agostino Bea il cardinale dell'unità, Roma: Città Nuova, 1987, qui alle pp. 885s. 2Ibid., pp. 556s. 3 Ibid., p. 837. 4Ibid. 5Ibid. 6 Ibid.4 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 45 / Spring 1994 organismo, ufficialmente responsabile dell'ecumenismo, sebbene all'inizio fosse solo un organismo del Concilio Vaticano Secondo. 2)l'approvazione dal Concilio del decreto Unitatis Redinte- gratio sull'ecumenismo; 3)la presenza al Concilio di Osservatori-Delegati e di Ospiti del Segretariato. Ad 1) Come è noto, annunciando il Concilio, il 25 gennaio 1959, a S. Paolo fuori le mura, Giovanni XXIII, spiegava secondo il comunicato ufficiale - che il Concilio “vuol essere un invito alle Comunità separate per la ricerca dell'unità, a cui tante anime oggi anelano, da tutti i punti della terra”7. Quando si studiano i lavori della cosiddetta fase antipreparatoria dei mesi successivi, è facile constatare una qualche incertezza sul come concretizzare questo particolare aspetto del Concilio. Ebbene, qui troviamo il primo decisivo intervento di Bea. È lui che suggerisce all'Istituto Ecumenico Johann-Adam-Möhler di Paderborn (Germania) di presentare al Papa una supplica per l'istituzione di una “Commissione per l'unità dei cristiani”, offrendosi altresì a trasmetterla con una propria lettera a Giovanni XXIII. Ricevutone un abbozzo, lo elabora sulla base della sua esperienza del lavoro nella Curia romana. In questa forma la supplica è presentata al Papa, per le mani di Bea, dall'Arcivescovo di Paderborn8. E qui cominciano le sorprese. La lettera con la raccomanda- zione di Bea era partita venerdì 11 marzo 1960. Il 13 marzo successivo, che era domenica, Papa Giovanni riceveva Bea in udienza per comunicargli la risposta positiva e incaricarlo di preparare un apposito “Statuto” per questa Commissione. Il giorno dopo il Papa decideva di affidare il nuovo organismo a Bea. Riguardo al retroscena, è molto significativa la testimonianza del Segretario particolare del Papa, Mons. Loris F. Capovilla: “Dinanzi alla proposta che rispondeva concretamente all'appello contenuto nell'annuncio del Concilio... il Papa provò grande felicità, come se avesse ricevuto un nuovo segno del cielo” 9 . Aggiungiamo che circa un mese più tardi il Papa decideva che il nuovo organismo si chiamasse “Segretariato”, anziché Commissione, dandone al Cardinale questa motivazione: Così non siete legati ad alcuna tradizione, siete più liberi 10 . Ad 2) La creazione, per opera del Concilio, del decreto Unitatis Redintegratio, sull'Ecumenismo. Ormai da un quarto di secolo ci siamo abituati ad avere e vivere questo dono del Concilio e facilmente lo prendiamo come una cosa che va da sé. E invece dobbiamo renderci conto quale immenso beneficio sia di avere un apposito documento sui principi, sulla pratica dell'ecumenismo e sul modo di vedere le Chiese e le Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Sede di Roma, ciò che corrisponde ai tre capitoli del documento. Si aggiunge che tale decreto gode non di una qualche autorità minore della Chiesa, bensì sulla suprema autorità di un Concilio Generale. È da notare inoltre che nel Concilio esso è stato approvato con 2137 sì e soli 11 voti negativi, il che, considerato il numero dei votanti, equivale all'unanimità morale11. Ora, quale è stato l'apporto di Bea a questo beneficio? Forse conviene anzitutto dire chiaramente, con il primo collaboratore di Bea, l'allora Segretario del Segretariato Mons. Johannes Willebrands, quale non sia stato tale contributo: “Non è certo la mia intenzione attribuire a Bea tutto il merito di tutti questi lavori (della preparazione del documento). Il Segretariato ha avuto la fortuna di poter disporre di collaboratori di primo ordine che in parte erano già impegnati da anni nel movimento ecumenico”12. A proposito di questa ultima frase bisogna sottolineare in primo luogo il grande contributo che è venuto da anni di lavoro della “Conferenza cattolica per le questioni ecumeniche”, fondata nel 1952, dallo stesso Mons. Joh. Willebrands, allora professore di filosofia a Warmond, nei Paesi Bassi, Conferenza da cui proveniva un buon numero dei consultori del nuovo Segretariato 13 . Dopo la citata dichiarazione, Mons. Willebrands precisa positivamente i meriti di Bea. Essi sono: “anzitutto nella sua capacità di concedere ai suoi collabor- atori il massimo di fiducia e così di stimolarli. Sono nel fatto che egli era molto aperto e sorretto da una giovanile vivacità di mente... A ciò rispondeva anche il modo con cui presiedeva le lunghe e certamente non facili riunioni del Segretariato. Concedeva la massima libertà di discussione, ma badava con garbo che si restasse al tema e che le discussioni procedessero direttamente verso la mèta e nel contempo fossero creative”14. In un altro contesto lo stesso testimone sottolinea un merito di Bea che riguarda un fondamentale tema ecumenico, cioè la teologia del battesimo e le sue conseguenze per il lavoro ecumenico: “Questa dottrina, Bea l'ha elaborata e proposta al grande pubblico della Chiesa come forse nessun altro”15. 7Ibid., p. 313. 8Ibid., pp. 343s. 9Ibid., pp. 346-348. 10Ibid., cf. p. 348. 11Ibid., p. 534. 12Ibid., p. 375. 13Ibid., pp. 350s. 14Ibid., pp. 375s. 15Ibid., p. 434.N. 45 / Spring 1994Bulletin / Centro Pro Unione 5 Vi è poi un contributo più vasto che riguarda il lavoro di Bea nella Commissione centrale preparatoria nella quale egli si impegnava ad esaminare gli aspetti ecumenici dei vari schemi (circa una settantina), preparati dalle Commissioni preparatorie e che quindi dovevano passare il vaglio della citata Commissione centrale. Per questo suo impegno è stato chiamato “la coscienza ecumenica della Chiesa”16. Vi è poi finalmente un altro aspetto: il suo impegno per sensibilizzare il popolo cristiano per la causa dell'unità, per cui è stato chiamato “l'ambasciatore dell'unità”. Per ragione di brevità ci limitiamo a dare alcune cifre: nel periodo preparatorio del Concilio, in meno di due anni egli ha tenuto in sei Paesi europei 26 conferenze pubbliche. Di esse 16 riguardavano un pubblico piuttosto generico, 10 erano dirette ad ambienti intellettuali o universitari 17 . Ben spesso le conferenze erano accompagnate da incontri con gruppi speciali e soprattutto da interviste alla radio a alla televisione. Basta dire che nei soli primi nove mesi del 1962 Bea ha concesso ben 25 interviste 18 . Per ultimo è da notare che le conferenze e interviste del periodo preparatorio del Concilio sono state riunite in un volume di 266 pagine, uscito all'inizio del primo periodo del Concilio, nell'ottobre 1962 (tradotto poi in sei lingue). Si può affermare senza esagerare che vi sono stati trattati tutti i temi essenziali dell'ecumenismo, tra cui alcuni meno studiati da altri autori: per es. il sacerdote ministro dell'unione, lavoro scientifico e inseg- namento universitario al servizio dell'unione dei cristiani. In altre parole, Bea si presentava al Concilio già con una specie di somma ecumenica. E quest'opera di sensibilizzazione l'ha continuata anche durante il Concilio, tanto che, ottantenne, si è recato a tale scopo non meno di quattro volte negli Stati Uniti di America. Concludiamo con una valutazione globale del Cardinale Johannes Willebrands: “Il più importante aspetto del contributo personale di Bea al decreto sull'Ecumenismo è contenuto nella seguente osservazione del Patriarca di Venezia, Cardinale G. Urbani: `Non è che io mi fidi di tutti gli ecumenisti, ma di Bea mi fido ciecamente!'” E Willebrands spiega: “Con la sua autorità (Bea) ha fatto sì che l'Ecumenismo fosse per molti Padri conciliari credibile e accettabile” 19 . Ad 3) Il titolo di questa sezione, l'ingresso della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico riguarda in modo molto particolare la presenza e l'attività degli Osservatori-Delegati e degli Ospiti del Segretariato, ossia ecumenisti invitati a titolo personale. Ebbene, il primo ed essenziale passo di questo ingresso era la stessa istitu- zione del Segretariato. Era un grande segnale che costituiva un importante progresso. Infatti, anteriormente l'unico dicastero a cui gli altri cristiani avrebbero potuto rivolgersi era quello del Sant'Uffizio, il che non sembrava particolarmente invitante. Così si spiega la gioia con cui venne accolta l'istituzione del Segretariato per l'unità dei cristiani. A questo proposito Bea dichiarava in giugno 1961 davanti alla Commissione centrale preparatoria: “Il Segretariato... è stato salutato quasi unanimemente con gratitudine sia dai cattolici che dai non-cattolici. Ne è prova, tra l'altro, anche il fatto che gli è pervenuto ben presto un ingente numero di lettere, di pareri... di valutazioni da sottoporre al Concilio stesso” 20 . Non solo. Molto presto ci fu tutto un fiorire di visite, a cominciare dalla clamorosa “visita di cortesia” al Papa, compiuta nel dicembre 1960 dall'Arcivescovo di Canterbury, Dr. Geoffrey Fisher21. Anche la Chiesa cattolica, dopo avere, con l'istituzione del Segretariato, dato il segnale sentiva il bisogno di rispondere ai gesti di avvicinamento dei fratelli cristiani. Un importante passo in questa direzione fu la presenza, per la prima volta, di cinque osservatori cattolici all'Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Nuova Delhi (novembre-dicembre 1961)22. Questo reciproco aprirsi creò un'atmosfera tutta nuova. Di conseguenza, quando la Bolla di convocazione del Concilio “Humanae Salutis” (Natale 1961) annunciò l'intenzione di invitare al Concilio anche rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, —a parte qualche difficoltà— la risposta fu molto positiva. Così, al primo periodo del Concilio (1962) assistettero più di 40 Osservatori-Delegati e Ospiti del Segretariato, in rappresentanza della Chiesa ortodossa russa, di un buon numero di Chiese ortodosse orientali e di quasi tutte le grandi Comunioni cristiane mondiali23. Alla fine dell'udienza concessa loro da Papa Giovanni XXIII, il 13 ottobre 1962, il Cardinale Bea esclamava commosso: “È un miracolo, è un vero miracolo!”. Più tardi egli spiegava che con queste parole non si riferiva solamente a quella commovente udienza, ma all'insieme delle esperienze vissute al riguardo nei due anni trascorsi dall'istituzione del Segretariato in poi24. Per capire il significato e l'importanza della presenza degli 16Ibid., pp. 392-396. 17Ibid., p. 416. 18Ibid., p. 418. 19 Ibid., p. 557. 20Ibid., pp. 365s. 21Ibid., pp. 366s. 22Ibid., pp. 370s. 23Ibid., p. 497. 24 Ibid., pp. 496s.6 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 45 / Spring 1994 Osservatori bisogna anzitutto tener presente che essi ricevevano gli stessi documenti dei Padri conciliari; che inoltre assistevano a tutte le discussioni nelle Congregazioni generali; che avevano illimitata libertà di contatto con i Padri conciliari. Per aiutarli il Segretariato organizzava settimanalmente un'apposita riunione per studiare, con la collaborazione di qualche teologo o anche di Padri conciliari, i vari schemi a cui poi seguiva la discussione. Ed essi riferivano sull'andamento dei lavori a chi li aveva delegati. Bisogna pensare che questo lavoro è durato per i quattro periodi conciliari che comprendeva complessivamente circa dieci mesi. E non si trattava della partecipazione a una manifestazione o assemblea qualsiasi, bensì a un Concilio Generale, che è la più ampia, profonda e impegnativa manifestazione della vita della Chiesa cattolica, e in particolare del suo Magistero. Aggiungiamo che durante il Concilio il numero degli Osser- vatori e delle Chiese o Comunità rappresentate non faceva che crescere. Alla fine del Concilio, Bea constatava: “La presenza di Osservatori Delegati e Ospiti del Segretariato ha preso uno sviluppo che nessuno avrebbe supposto, sia quanto al numero degli Osservatori e a quello delle Chiese, Comunità e Federazioni rappresentate, sia quanto all'esten- sione e l'universalità, per così dire geografica, di queste ultime” 25 . Nell'ultimo periodo del Concilio, il numero di Osservatori superò la cifra di cento. Brevemente una parola di bilancio riguardo ai frutti della partecipazione degli Osservatori al Concilio. Per quanto riguarda le Chiese o Comunità ecclesiali che vi erano rappresentate, basta additare in proposito il rapidissimo sviluppo dei dialoghi bilaterali e multilaterali da loro offerti alla Chiesa cattolica dopo il Concilio, di cui parleremo più tardi. Per quanto invece riguarda la Chiesa cattolica, il Cardinale Bea non dubitò di affermare, dopo l'approvazione del decreto sull'Ecumenismo, che “a tale risultato gli Osservatori hanno contribuito in modo determinante” 26 . La spiegazione che egli ne dà, si può sintetizzare pressappoco così: La presenza degli Osservatori ha fatto sì che i Padri conciliari —oltre a studiare l'Ecumenismo— lo vivessero quotidianamente per mesi. Infatti questi contatti con gli Osservatori in Aula e fuori di essa hanno fatto loro sentire sempre più l'unità in Cristo che con questi fratelli tuttora esiste, come anche i molti beni che ancora abbiamo in comune; contemporaneamente gli stessi contatti hanno fatto sentire sempre più profondamente: “la dolorosa ferita delle nostre divisioni”; per ultimo,“tutta questa esperienza ha fatto maturare sotto il soffio del divino Spirito di Cristo, la profonda coscienza del grande problema e delle gravissime nostre responsabilità davanti a Cristo e davanti all'umanità” 27 . B)Dichiarazione sulla libertà religiosa Per accennare alla situazione di partenza, riguardante la dichiarazione sulla libertà religiosa è sufficiente ricordare l'allora famoso discorso di Papa Pio XII ai Giuristi cattolici italiani, nel dicembre 1953, sulla “Tolleranza religiosa”. Ricordiamo anche lo schema sulla Chiesa preparato per il Concilio dalla Commissione preparatoria per la dottrina, brevemente chiamata “teologica”, che conteneva un capitolo intitolato “Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato e la tolleranza religiosa”28. Sottolineamo invece dall'altra parte quale enorme importanza ha questo documento nella Chiesa e la sua posizione nel mondo di oggi. Ricordiamo per es. il contributo che proprio sotto questo profilo la S. Sede ha dato al trattato di Helsinki. Conviene anche tener presente il posto che la libertà religiosa occupa nel quadro della lotta dell'attuale Pontefice per i diritti dell'uomo. Ci porterebbe troppo lontano di seguire, anche solo brevemente, il tormentatissimo iter del relativo schema. Invece domandiamo subito: Quale è stato il contributo di Bea per la realizzazione di questo documento? Quanto abbiamo detto sopra in riguardo a Unitatis Redintegratio sul contributo dato allo schema da membri e consultori del Segretariato vale, forse anche a maggior ragione, di questo documento. Vice versa, valgono anche qui le succitate positive precisazioni del Cardinale Willebrands sulla fiducia concessa da Bea ai collaboratori, sulla sua vivacità di mente e la maniera di dirigere le discussioni, qualità che in questa materia, difficile e nuova, erano anche più necessarie. Un altro contributo di Bea riguarda, come nell'Ecumenismo, la preparazione sia dei Padri conciliari che dell'opinione pubblica perché si rendessero progressivamente conto del problema e della sua importanza. Qui il primo contributo fu il discorso tenuto durante la cosiddetta Agape di Roma (gennaio 1963)29, poi nell'Agape di New York (aprile 1963)30. Del tutto fondamentale era soprattutto la grande conferenza tenuta al Congresso dei Giuristi cattolici italiani a Roma, al Campidoglio, nel dicembre 1963 (decimo anniversario del succitato discorso di Papa Pio XII sulla tolleranza religiosa). Bisogna considerare che questa conferenza aveva luogo poco dopo il 2° periodo conciliare, in cui fu presentato il primo schema sulla libertà religiosa, a cui però fu negata la prima votazione di massima. Ebbene, ai Padri conciliari, che stavano all'erta a causa del citato avvenimento del secondo periodo conciliare, fu offerta la lettura della conferenza di Bea, in quanto fu pubblicata in 14 riviste in tutto il mondo 31 . 25 Ibid., pp. 548s. 26 Ibid., p. 537. 27Ibid., p. 538. 28Ibid., p. 397. 29 Ibid., p. 907, n° 227. 30 Ibid., n° 231. 31 Ibid., p. 908, n° 248.N. 45 / Spring 1994Bulletin / Centro Pro Unione 7 Aggiungiamo per ultimo la testimonianza di Mons. Pietro Pavan (ora Cardinale) che insieme al Rev.do Padre John Courtney Murray SJ e al Padre Jérôme Hamer, OP (anch'egli ora Cardinale) è stato uno dei principali collaboratori del Segretariato per la nostra Dichiarazione. Egli dice: Bea “ha svolto un ruolo di prima importanza ... forse più ancora per il peso della sua spiccata personalità nella vita della Chiesa”; e precisa così il suo pensiero: “Fedeltà aperta e incontestata alla Chiesa, competenza teologico-biblica non comune, ricchezza di conoscenze nei vari campi profani, ampiezza di vedute, signorilità nel comportamento e nel tratto, serenità e apertura d'animo; ... grande comprensione per gli altri, congiunta ad un omaggio inflessibile alla verità...” 32 . In altre parole, qui si applica —a maggior ragione— il succitato giudizio del Cardinale Willebrands che Bea, con la sua autorità, “ha fatto sì che l'Ecumenismo fosse per molti Padri conciliari credibile”33. Infatti, la stessa cosa egli l'ha fatta per il tema della libertà religiosa. E non vi è dubbio che, data la delicatezza e novità del tema, un simile appoggio era qui anche più importante, anzi indispensabile. C)Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” La Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sull'atteggiamento della Chiesa verso le religioni non-cristiane, in particolare verso gli Ebrei. Certamente non è il caso di insistere sulla gravità dei problemi che vi sono trattati, in modo particolare di quello veramente bimillenario delle relazioni tra cristiani ed ebrei e, teologicamente parlando, delle relazioni dei cristiani a Israele, popolo eletto dell'Antica Alleanza. Basta pensare alle incom- prensioni ed i pregiudizi accumulatisi nei duemila anni di contrasti e di lotte. Ai nostri giorni, le difficoltà sono ulteriormente cresciute a causa del conflitto tra lo Stato d'Israele e gli Stati arabi. L'apporto specifico di Bea a questo documento riguarda in modo particolare la parte che si riferisce alle relazioni con gli Ebrei. Dato lo stretto intreccio tra il contributo di Bea e l'iter del documento, la maniera migliore è forse di riferire su tale contributo seguendo l'iter stesso. Senza voler minimizzare o negare l'apporto fornito da diverse parti della Chiesa nel quadro della fase antepreparatoria del Concilio, si può certamente affermare che il passo decisivo in questa preparazione fu l'udienza concessa da Papa Giovanni XXIII all'Ebreo francese, lo storico Jules Isaac, il 13 giugno 1960, pochi giorni dopo l'istituzione del Segretariato. Dopo la perorazione della causa, l'interlocutore chiese al Papa, trepidando, se poteva portare via “qualche particella di speranza”. Al che il Papa esclamò: “Lei ha diritto a più di una speranza” ed invitava l'ospite a rivolgersi al Cardinale Bea, “di cui si fidava e nel quale confidava” 34 . Infatti, il prof. Isaac, due giorni dopo, fu ricevuto da Bea e successivamente parlava dell'incontro in modo molto positivo (ivi). In una udienza che ebbe luogo il 14 settembre, dopo le vacanze estive, Bea chiese e ottenne il formale incarico di preparare per il Concilio uno schema sulla materia35. Invece quando, nel giugno 1962, dopo quasi due anni di lavoro, il relativo breve schema di due pagine stampate doveva essere discusso nella Commissione centrale preparatoria, successe il primo grave incidente. Il capo di una organizzazione ebraica prospettò pubblicamente di inviare a Roma, quale rappresentante speciale, in occasione del Concilio, una personalità che fino ad allora aveva lavorato presso il Ministero dei Culti di Israele. In seguito all'allarme suscitato dagli Stati arabi, lo schema fu tolto dal programma del Concilio. Il verbale della riunione della Commissione centrale preparatoria riferisce al riguardo una proposta del Segretario di Stato Cardinale Amleto Cicognani: “Si è discusso con l'Em.mo Cardinale Bea se convenisse presentare a questa Commissione centrale e annoverare negli Atti del Concilio Ecumenico il `decreto sugli ebrei', preparato con tanta carità dallo stesso Cardinale. È sembrato inopportuno. Perciò si propone che il Concilio non tenga conto di questo decreto e che esso non appaia negli Atti conciliari”36. Dunque perfino deletio memoriae. Per colmare la misura di amarezza c'era nel verbale anche un accenno come se lo schema non corrispondesse alle finalità del Concilio. Circa un mese dopo questo incidente, si aggiungeva per il Cardinale Bea anche una sconfitta personale. Egli aveva preparato per La Civiltà Cattolica un articolo dal titolo: “Sono gli Ebrei un popolo `deicida' e `maledetto da Dio'”? Quando le bozze dell'articolo arrivarono alla Segreteria di Stato, il Cardinale fu pregato di soprassedere, il che egli, in vista di altri maggiori interessi, accettò 37 . È significativo per Bea che non si lasciò scoraggiare. Circa due mesi dopo diceva in una dichiarazione al giornale londinese Jewish Chronicle: “Il Consiglio ecumenico delle Chiese, alla cui Assemblea (nell'autunno 1961) avevano assistito Osservatori della Chiesa cattolica, ha energicamente denunciato l'antisemitismo. La Chiesa cattolica certamente non sarà da meno...” 38 . Nel verbale della riunione del Segretariato per l'unione dei cristiani, in data 26 ottobre successivo, leggiamo: “Per quanto riguarda lo schema sugli Ebrei, Sua Eminenza pensa che si potrà inserire in un appropriato luogo quanto era detto nel 32 Ibid., p. 663. 33 Ibid., p. 557. 34Ibid., p. 354. 35Ibid., p. 355. 36 Ibid., p. 400. 37 Ibid., p. 566. 38 Ibid., p. 566.8 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 45 / Spring 1994 nostro schema” 39 . Invece, appena concluso il primo periodo del Concilio, egli si rivolgeva in materia a Papa Giovanni con un apposito parere. Dopo pochi giorni il Papa rispondeva con un foglio non intestato, tutto scritto di proprio pugno e datato 13 dicembre; il Papa diceva: “Letto con attenzione questo rapporto del Cardinale Bea, ne condividiamo perfettamente la gravità e la responsabilità di un nostro interessamento” 40 . Così il problema degli Ebrei ritornava sul programma del Concilio e il Papa Giovanni XXIII diventava doppiamente padre del futuro documento conciliare riguardante gli Ebrei. Come è noto, anche in seguito l'iter del relativo schema era tutt'altro che facile. Per l'opera di Bea in questo campo è significativo il fatto: Mentre la presentazione degli altri due documenti del Segretariato —quello sull'Ecumenismo e quello sulla libertà religiosa— egli l'aveva lasciata ad alcuni membri del Segretariato 41 , egli riservò a sé lo schema riguardante gli Ebrei. Uno dei motivi sarà stato che si trattava largamente di materia biblica. Tuttavia la ragione principale era certamente l'estrema delicatezza della materia. Così egli tenne in proposito nell'aula quattro relazioni ufficiali. È da notare anche la sua grande flessibilità. Così egli non ebbe difficoltà di accettare quanto proponeva “l'opposizione”, cioè l'allargamento dello schema rivelatosi poi provvidenziale - in modo da comprendere l'insieme delle religioni non-cristiane. Accettò anche l'eventuale inserimento del documento quale appendice nella Costituzione conciliare sulla Chiesa. Tale inserimento, notava egli, “ha il vantaggio di porre in risalto, contro qualsiasi interpretazione politica, il carattere puramente religioso (del documento)” 42 . Il più eloquente esempio della sua flessibilità e prudenza pastorale è stata la presa di posizione sulla questione se, parlando della colpa dei Capi ebrei, bisognasse usare il quanto mai controverso termine “deicidio”. Nella sua ultima relazione, del 14 ottobre 1965, Bea così affrontava la questione: “So bene che alcuni attribuiscono a questa parola una grande importanza psicologica. Dico però: se questa parola (deicidio) in tante regioni viene intesa male e se la stessa realtà si può esprimere con altre parole, anzi più adatte, non è forse vero che allora la prudenza pastorale e la carità cristiana vietano l'uso di questo termine, e anzi esigono che la cosa sia espressa appunto ricorrendo a termini diversi?”43. Nella prima votazione (1964) la parte dello schema riguardante gli Ebrei riportò 1770 sì e 185 no 44 . È noto che questa votazione provocò negli Stati arabi del Medio Oriente una specie di rivoluzione che durò a lungo (novembre 1964-settembre 1965). Venivano minacciate le Chiese orientali cattoliche, le loro istituzioni, in modo particolare le scuole 45 . Ancora nel mese di marzo 1965, quando il Segretario Mons. Johannes Willebrands ed il Sottosegretario Padre Pierre Duprey fecero un viaggio informativo nel Medio Oriente, trovarono che in tutti i Paesi visitati regnava grande tensione. Spaventati dalle minacce rivolte in questo contesto alle Chiese orientali cattoliche del Medio Oriente, c'erano dei Padri che proponevano di ritirare lo schema dal programma del Concilio e di affidarlo al Papa affinché egli provvedesse, come e quando lo riterrà opportuno. Da documenti di archivio risalenti al gennaio 1965 risulta chiaro al riguardo l'atteggiamento del Cardinale: prendeva sul serio i pericoli che correvano le Chiese cattoliche orientali del Medio Oriente, ma allo stesso tempo sosteneva con fermezza che il Concilio non poteva cedere all'intimidazione e abbandonare il documento. Egli spiegava: Certo le agitazioni non possono essere prese alla leggera. Esse possono essere molto pericolose e dannose alla Chiesa, specialmente ai cristiani nei Paesi arabi. D'altra parte, le difficoltà non sono una ragione perché il Concilio desista e abbandoni il documento, e nemmeno che esso venga diluito per renderlo più “prudente”. Invece bisogna redigerlo con molta precisione, alla luce delle osservazioni fatte dai Padri conciliari. A parte questo, bisogna preparare diligentemente l'ambiente orientale, arabo e ortodosso, in vista della presentazione e della votazione del documento nel quarto periodo conciliare 46 . Effettivamente fu questa la linea ad essere seguita. Il Segretariato, per ben due volte, nel marzo e in maggio 1965, si dedicò a riesaminare ed emendare lo schema. Inoltre, nella sala stampa conciliare, fu creata una propria sezione araba. Nel mese di luglio, una delegazione del Segretariato si recò in Medio Oriente per presentare ai Patriarchi orientali cattolici la nuova redazione emendata dello schema. Essa fu felice di poter trasmettere al Cardinale Bea - allora in ospedale a Zurigo - la lieta notizia: Salvo esigere qualche minore modifica, i Patriarchi accettavano il nuovo testo; anzi, essi si impegnavano a sostenerlo, onde evitare che si ritorni a quello precedente47. Con queste —e altre iniziative che non possiamo qui seguire— l'opposizione fu poco per volta superata. Il documento fu votato nella sessione pubblica del 28 ottobre 1965, riportando, su 2312 votanti, 2221 sì e 88 no, ossia 96% dei voti48. Pensando al dopo-Concilio e convinto dell'immensa importanza 39Ibid., p. 567. 40Ibid., p. 568. 41 Ibid., cf. p. 515. 42 Ibid., p. 578. 43 Ibid., p. 586. 44Ibid., p. 579. 45Ibid., pp. 580s. 46 Ibid., pp. 581s. 47 Ibid., p. 584. 48 Ibid., p. 587.N. 45 / Spring 1994Bulletin / Centro Pro Unione 9 del documento, Bea ne pubblicava, nel 1966, un proprio ampio commento di 166 pagine, dal titolo La Chiesa e il popolo ebraico, tradotto poi in sei lingue. Accanto agli specifici temi di Nostra Aetate riguardanti gli Ebrei, Bea vi ha inserito un capitolo sull'unità della famiglia umana 49 . II.Nell'ultima parte del Concilio e dopo: Inizio dei dialoghi bilaterali e multilaterali (1964-1968). Un mese dopo la conclusione del Concilio, 3 gennaio 1966, Il Papa Paolo VI trasformava il Segretariato in dicastero del governo centrale della Chiesa. Quale apprezzamento del lavoro da esso svolto nel Concilio e segno di fiducia, il Papa ne conservava la peculiare struttura ed effettiva composizione, cioè gli stessi membri che esso aveva durante il Concilio50. Fu veramente una grande grazia che Bea si era rimesso dalla malattia che lo aveva colpito nell'estate 1965 e che abbia potuto ancora per circa altri tre anni guidare il Segretariato. È infatti fin troppo chiaro quali siano le difficoltà e quali i rischi dei primi passi pratici nel campo del dialogo e quali doti di chiaroveggenza, prudenza e coraggio essi esigessero. Aggiungiamo l'importante ruolo che vi aveva la fiducia che Bea si era conquistata durante il Concilio. A tutto questo “capitale” Bea aggiungeva il suo libro Il cammino all'unione dei cristiani dopo il Concilio (360 pagine, tradotto in 4 lingue) che si presentava quasi come un programma. Infatti, a parte un commento al decreto conciliare sull'Ecumenismo, egli vi trattava, tanto per dare un qualche accenno, gli aspetti ecumenici della costituzione sulla Divina Rivelazione e di quella sulla Chiesa 51 . Lo sviluppo dei dialoghi bilaterali e multilaterali, a partire dall'approvazione del decreto sull'Ecumenismo, è tale che dobbiamo contentarci con una semplice enumerazione dei fatti. A questo premettiamo un importante chiarimento. Il Segretariato ha deciso di lasciare agli altri l'iniziativa di richiedere il dialogo. Anche questa iniziativa era un grande frutto dell'esperienza che le Comunioni Cristiane Mondiali, attraverso i loro osservatori, avevano fatto al Concilio. A)Ecco dunque i fatti che denotano lo sviluppo di ciò che si è detto. 1)Visita di Bea al Consiglio ecumenico delle Chiese - creazione del Gruppo misto di lavoro (febbraio 1965) 2)Visita di Bea a Costantinopoli (aprile 1965) 3)Preghiera comune degli Osservatori e dei Padri conciliari (dicembre 1965) 4)Atto con cui si toglieva “dalla memoria della Chiesa” il ricordo delle scomuniche (dicembre 1965) 5)Creazione di un Gruppo misto di lavoro (1965) e inizio del dialogo teologico con la Federazione luterana mondiale sul tema “La Chiesa e il Vangelo” (1967) 6)Visita dell'Arcivescovo di Canterbury a Roma (marzo 1966) - il lavoro del Gruppo preparatorio del dialogo - 8 Osservatori cattolici alla Conferenza di Lambeth (1967- 1968) 7)Inizio delle conversazioni teologico-pastorali con la Chiesa ortodossa russa (1967) 8)Il Consiglio mondiale metodista decide di iniziare il dialogo con la Chiesa cattolica (1966) 9)Preparazione e inizio della collaborazione con le Società bibliche nella traduzione della S. Scrittura (1967-1968) 10)Presenza di 15 osservatori cattolici all'Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Uppsala (1968) 11)Pubblicazione della prima parte del Direttorio per l'attività ecumenica dei cattolici (1967). B)Accanto a tutto il lavoro che gli portava lo sviluppo dei dialoghi che abbiamo delineato, Bea trovò ancora il tempo per donarci una pubblicazione, Ecumenismo nel Concilio (360 pagine, tradotto in tedesco e in inglese, quest'ultima incompleta). Questo libro è stato chiamato, forse a ragione, il suo testamento. In esso è delineato tutto lo sviluppo dell'Ecumenismo nel Concilio e anche in quel triennio dopo il Concilio che abbiamo or ora presentato, con l'aggiunta di rispettivi documenti. Nella presentazione l'autore osservava essere utile meditare questi avvenimenti: essi “potranno essere per noi fonte di luce quando sopravverranno sul nostro cammino prepotenti e imprevisti ostacoli”52. C)Nel 1966 il Consiglio della Fondazione del Premio per la Pace dell'Associazione degli Editori Germanici assegnava il proprio premio per la pace congiuntamente al Dr. W.A. Visser 't Hooft e al Cardinale Bea 53 . Penso che questa giustapposizione dell'uomo, che ormai da un ventennio era Segretario Generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, e del Cardinale Bea, parla da sé, costituendo una eloquente testimonianza sulla personalità e l'opera del Cardinale. Nel pomeriggio del giorno del solenne conferimento del premio, il 25 settembre, ci fu, nella chiesa evangelica di S. Pietro a Francoforte, una preghiera interconfessionale, presieduta dai due premiati e trasmessa in differita dalla TV tedesca. Dopo la conclusione, il Dr. Visser 't Hooft, 49 Ibid., p. 902, n° 172. 50 PAULUS PP. VI, “Litterae Apostolicae Motu Proprio Datae”, AAS 58 (1), 1966, p. 40. 51 S. SCHMIDT, Agostino Bea..., op. cit., p. 903, n° 173. 52 A. BEA, L'Ecumenismo nel Concilio. Tappe pubbliche di un sorprendente cammino, Milano: Bompiani (coll. “La ricerca religiosa”, Studi e testi), 1968, p. 7. Cf. S. SCHMIDT, Agostino Bea..., op. cit., p. 904, n° 190. 53 Ibid., pp. 810s.Next >