CENTRO PRO UNIONE N. 55 - Spring 1999 ISSN: 1122-0384 semi-annual Bulletin In this issue: Letter from the Director..................................................p. 2 Il ruolo del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli all’interno della Chiesa Ortodossa: primato della carità e della diaconia di Sotirios Varnalidis................................................p. 3 The Eighth General Assembly of the World Council of Churches: What Does the Future Hold? by Teresa Francesca Rossi.............................................p. 12 A Bibliography of Interchurch and Interconfessional Theological Dialogues: Fourteenth Supplement (1999)..........................................p. 17 Centro Pro Unione - Via S. Maria dell'Anima, 30 - 00186 Rome, Italy A Center conducted by the Franciscan Friars of the AtonementDirector's Desk The Fall was particularly busy here at the Centro. Besides the increased number of students using our library and doing research, we had a very fruitful and interesting series of lectures presented. After our centenary symposium on the Petrine ministry and the unity of the Church we continued to look at the question of primacy from a wider perspective. Since the Church of Rome was born out of a Jewish matrix, we invited Rabbi Isaiah Gafni of the Hebrew University - Jerusalem to explore what the structures of Jewish communities and especially those of authority would have been like in the Second Temple period. His lecture “Jewish Communities in the Ancient Mediterranean World: Leadership and Authority Structures” attracted much interest from both his Jewish and Christian public. His text will appear in our next issue. After considering the roots from which the Roman Church came, we then turned our attention to the development of the structures of authority and governance in the Ecumenical Patriarchate. As Rome declined as an Imperial center of power and prestige, the sister Church of Constantinople grew and became a center of ecclesiastical importance. The shape that this patriarchate took as well as the influences which came to bear on it were important for forming a model for the future Patriarchate of the Latin West. Professor Sotirios Varnalidis, dean of theology at the university of Thessalonika, masterly explored the formation, evolution and mode of operation and structures of authority of the Ecumenical Patriarch. His lecture “Il ruolo del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli all’interno della Chiesa Ortodossa: primato della carità e della diaconia” appears in this issue. The third lecture in our series was intended to consider the question of authority from a female theologian’s perspective. We invited Dr. Janet Martin Soskice, University Lecturer in theology at the University of Cambridge and a Fellow of Jesus College, to tackle this difficult task. Her training as a philosopher of religion and fundamental theologian coupled with her expertise in questions of language and interpretation produced an exceptional lecture entitled: “The Fatherhood of God. Authority and Gender in the Year of the Father.” The text of this talk will be published in our next issue. In addition to the three lectures exploring a wider horizon for the role of the papacy in a united Church, we concluded the centenary celebration of the foundation of the Society of the Atonement with the first in a series of lectures honoring the memory of Fr. Paul Wattson and Mother Lurana White, co-founders of the Society of the Atonement. This was given by Enzio Bianchi, prior and founder of the Monastic Community of Bose. His lecture, “Ecumenismo – Profezia della vita religiosa” will appear in the Fall issue of our Bulletin. Dr. Teresa Francesca Rossi spoke at our annual Week of Prayer for Christian Unity celebration on “The Eighth Assembly of the WCC: What Does the Future Hold?”. Teresa was one of the official Catholic delegation and her text appears in this current issue of the Bulletin. To round out the activities of the Centro we organized together with the Ecumenical Institutes of S. Nicola of Bari and of S. Bernardino of Venice a course for professors of ecumenism and ecclesiology. Prof. Hervé Legrand, Director of Graduate Studies at the «Institut catholique» of Paris presented three lectures on the method of presenting ecclesiology and ecumenism in textbooks of ecclesiology. In two small groups the professors studies in depth several Italian textbooks. The course also heard presentations from a Lutheran theologian Jörg Lauster and an Orthodox theologian, Iuvenalie Ionascu on how ecclesiology is taught in each of their traditions. We are proud to announce that the acts of the symposium on the Petrine ministry have appeared in print. The English version (Petrine Ministry and the Unity of the Church. «Toward a Patient and Fraternal Dialogue», James F. Puglisi (ed.)., ISBN 0-8146-5936-5) is available through Liturgical Press. The Italian translation is available from Studi ecumenici, (Castello 2786, I-30122 Venice). I would like to close this letter with the announcement that our web site is now almost fully open in both Italian and English. We are currently putting the up-dated Directory of Ecumenical Study and Research Centers on the site. Then we will put the full text, original language versions of the International agreed statements on the site. I hope that you will come and visit us at: http://www.prounione.urbe.it James F. Puglisi, sa DirectorN. 55 / Spring 1999Bulletin / Centro Pro Unione 3 Centro Conferenze CCCC Il ruolo del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli all’interno della Chiesa Ortodossa: primato della carità e della diaconia Sotirios Varnalidis Decano, Facoltà di Teologia, Università di Tessalonica (Conferenza tenuta al Centro Pro Unione, giovedì, 19 novembre 1998) Sono molti i fratelli Cristiani, soprattutto Occidentali, che, pur conoscendo la Chiesa Ortodossa e soprattutto il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, non conoscono bene, o parzial- mente, o in modo erroneo, la struttura ecclesiologica e giuridica dell’unità nell’Ortodossia, e soprattutto il ruolo che ha il Patriarcato Ecumenico nella Chiesa Ortodossa. Così molte volte si pongono delle domande: come si conserva l’unità visibile nella Chiesa Ortodossa? Chi è il Patriarca di Costantinopoli — è un capo della Chiesa come il Papa, oppure è un capo spirituale soltanto “honoris causa”, senza nessun ruolo importante? È un capo, che a un ruolo soltanto di coordinamento, oppure il suo ruolo ha dimensioni più essen- ziali e più ampie? La mia relazione tratta l’argomento: “Il ruolo del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli all’interno della Chiesa Ortodos- sa: primato della carità e della diaconia”, ove cercherò di rispondere a queste domande basandomi su fatti politici, ecclesiastici e canonici da punto di vista storico. Per poter meglio capire il tema, bisogna tornare al quarto secolo, dove inizia la formazione della struttura giuridico- ecclesiastica della Chiesa in Prefetture e in Diocesi sulla base della divisione territoriale dell’Impero Romano. In questo periodo si forma anche la struttura giuridica della Chiesa costantinopolitana. Secondo una radicata tradizione, basata su quello che dice lo storico Eusebio, vissuto negli anni dell’Imperatore Costantino, il fondatore della Chiesa costanti- nopolitana è l’Apostolo Andrea, il quale, andando verso Scythia, si dice che si è fermato anche a Bisanzio, insediandovi il primo vescovo. Costantino il Grande, nell’anno 312, dopo la sua vittoria su Massenzio a Ponte Milvio, ha cominciato a considerare positivamente la religione di Cristo, sostenendo la sua politica dell’unità dell’Imperium Romanum sull’unità della Chiesa Cristiana. Così, dalla dottrina della tolleranza religiosa nell’Impero iniziata con l’Editto di Milano nel 313 d.C., si è orientato verso l’idea della conciliazione dell’Impero Romano con il cristianesimo, che significava la cristianizzazione dello stato ecumenico Romano. Ma, oltre a questo, Costantino, divenuto unico Imperatore, pensava anche al trasferimento della capitale del suo Impero nella antica città di Bisanzio, sulle rive del Bosforo. Queste decisioni costituiscono senz’altro un avvenimento storico universale, che giocheranno un ruolo primario nella storia del Cristianesimo Orientale. Così nel 324, con il trasferimento della capitale dell’Impero Romano da Roma a Costantinopoli, si formano nuove prospettive e principi per l’intera Chiesa del IV° secolo. Inoltre, dalla fondazione della nuova capitale il vescovo, che si trovava in questo luogo prendeva automaticamente un posto di rilievo tra la gerarchia della Chiesa. Tutto questo avrà anche una logica e naturale conseguenza: Costantinopoli diveniva il centro dell’Impero Romano Universale ed era normale che divenisse anche il centro della Chiesa Universale. E siccome esistevano due imperi e due capitali, Roma e Costantinopoli, così si sono sviluppati anche due centri ecclesiastici. Così, ancora prima del secondo Concilio Ecumenico di Costantinopoli era maturata la concezione di due centri ecclesiastici. Infatti, San Basilio scrivendo al vescovo di Samosata Eusebio definiva il vescovo di Roma corifeo (cioè primo) dell’Occidente1 . Così come, S. Gregorio Nazianzeno, nel suo discorso indirizzato ai Costantinopolitani, nel 380, li chiama “i primi dopo la prima (cioè Roma) 2 . Nello stesso tempo in Costantinopoli si sviluppa un sinodo chiamato “endimussa”, che significava la riunione intorno al vescovo dei vescovi che si trovavano nel luogo al momento della convocazione. Abbiamo un primo sinodo di questo tipo nell’anno 336, quando i vescovi che si trovano in Costantinopoli sono convocati per eleggere il vescovo di Costantinopoli, Paolo3. Da allora predomina questo tipo di 1 Cfr. Lettera 239, (dell’anno 376). 2 Cfr. Discorso 36, 12 (PG 36, 280). 3 Cfr. Sozomeno, Storia ecclesiastica III, 3, 2.4 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 55 / Spring 1999 sinodo, divenendo così il sinodo proprio di Costantinopoli. In questo sinodo, i vescovi riuniti informavano il vescovo della capitale dei diversi problemi delle loro eparchie e chiedevano di intervenire presso l’imperatore per i diversi affari che riguardavano le loro eparchie. Questo tipo di sinodo endimus- sa, intorno al vescovo di Costantinopoli si svilupperà “costitu- endo nella prassi un modo preparativo per l’azione ecumenica del Trono della regina delle città”4. Così, con il passare del tempo, il ruolo del vescovo di Costantinopoli diventa primario, e viene riconosciuto dagli altri vescovi delle eparchie. Ciò diventerà effettivo cinquant’anni dopo la fondazione della città di Costantinopoli, cioè nell’anno 381, quando si riunisce il secondo Concilio Ecumenico, questa volta in Costantinopoli, che era pronta, come capitale dell’Impero, ad accogliere i vescovi di tutto l’Impero. Uno dei primi canoni di questo Concilio, il III, si riferisce in un modo chiaro al posto del vescovo di Costantinopoli tra i vescovi dell’Impero. Sul detto Canone si legge: “Il vescovo di Costan- tinopoli avrà il primato d’onore dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma”. Non mi soffermerò molto su questo canone, perché potrà essere meglio capito leggendo- lo insieme al canone XXVIII del IV Concilio Ecumenico di Calcedonia, convocato nel 451 5 . Quello che si può dire è che con il III canone il vescovo di Costantinopoli si eleva al secondo posto dopo il vescovo di Roma, perché la sua sede è la Nuova Roma. Prende così il secondo posto nella gerarchia dell’Impero, avendo nello stesso tempo “il primato d’onore”, che non lo avevano gli altri vescovi, eccetto certamente il vescovo di Roma. Nello stesso tempo però il vescovo di Costantinopoli diventa il primo vescovo dell’Oriente Cristiano, e come vedremo il suo ruolo diventerà più essenziale e più importante nei secoli seguenti. Questo canone è stato accettato dalle altre Sedi, e soprattutto dal vescovo di Alessandria Timoteo che passava al terzo posto. Anche il Papa lo accettò tacitamente. Inoltre con questo Canone, si chiude il numero dei vescovi e dei luoghi che avranno un eminente posto nel dirigere la Chiesa Cristiana, cominciando così a formarsi lo sistema della “pentarchia”, con le cinque sedi delle Diocesi (*4@\60F4H) più importanti dell’Impero, che si sono stabilite come tali con diversi Canoni del Primo Concilio Ecumenico di Nicea (nel 325) e del Secondo Concilio Ecumenico di Costantinopoli (nel 381), stabilendo contemporaneamente anche la formazione ecclesiologica della Chiesa, basata sul sistema conciliare. Il posto della Chiesa di Costantinopoli dentro la Chiesa cristiana si fortificherà in modo più concreto e positivo nel IV Concilio Ecumenico di Calcedonia nel 451, con il XXVIII canone, ed anche con due altri Canoni, il IX e il XVII. Il canone XXVIII dice come segue: “Seguendo in tutto le disposizioni dei santi padri, preso atto del canone (cioè III del Secondo Concilio Ecumeni- co) or ora letto, dei 150 vescovi cari a Dio, che sotto Teodosio il grande, di pia memoria, allora imperatore si riunirono nella città imperiale di Costantinopoli, nuova Roma, stabiliamo anche noi e decretiamo le stesse cose riguardo ai privilegi della stessa santissima chiesa di Costantinopoli, nuova Roma. Giustamente i padri concessero privilegi alla sede dell’antica Roma, perché la città era città imperiale. Per lo stesso motivo i 150 vescovi diletti da Dio concessero alla sede della santissi- ma nuova Roma, onorata di avere l’imperatore e il senato, e che goda di privilegi uguali a quelli dell’antica città imperiale di Roma, eguali privilegi anche nel campo ecclesiastico e che fosse seconda dopo di quella. Di conseguenza, i soli metropoliti delle diocesi del Ponto, dell’Asia, della Tracia, ed inoltre i vescovi delle parti di queste diocesi poste in territorio barbaro saranno consacrati dalla sacratissima sede della santissima chiesa di Costantinopoli. È chiaro che ciascun metropolita delle diocesi sopraddette potrà, con i vescovi della sua provin- cia, ordinare i vescovi della sua provincia, come prescri- vono i sacri canoni, e che i metropoliti delle diocesi che abbiamo sopra elencato, dovranno essere consacrati dall’arcivescovo di Costantinopoli, a condizione, naturalmente, che siano stati eletti con voti concordi, secondo l’uso, e presentati a lui”. È noto, che il detto canone non è stato riconosciuto dalla Chiesa di Roma, però questo non ha impedito che fosse messo in vigore in Oriente e che fosse riconosciuto da tutte le altre Chiese, cosa che non soltanto nella teoria ma anche nella prassi è considerata tale da tutta l’Ortodossia fino ad oggi. Con l’approvazione del 28mo canone la Chiesa di Costanti- nopoli guadagna alcune prerogative, che nella pratica la pongono in una posizione considerevole dentro la Chiesa universale. I punti principali di questo canone sono: a) Si conferma il terzo canone del Secondo Concilio Ecumenico di Costantinopoli b) Si riconoscono alla Nuova Roma privilegi uguali a quelli concessi all’Antica Roma c) Si chiarisce che i privilegi concessi sia all’Antica Roma che alla Nuova sono stati concessi perché ambedue erano città imperiali e hanno avuto Imperatore e un Senato. Qui dobbia- mo sottolineare che sia in questo canone che negli altri canoni dei Concili Ecumenici non si parla dell’apostolicità delle due 4 Cfr. Massimo, Metropolita di Sardis, “Il Patriarcato Ecumenico nella Chiesa Ortodossa”, Studio storico-canonico, Tessalonica, 1972, 74-75. 5 Cfr. Crisostomos Kostandinidis, Metropolita di Mira, “Proteion, presbeia timis kai euthinai diakonias eis to sistima kai tin zoin tis Ortodoxou Ecclissias”, in Epistimoniki Epetiris tis Teologikis Scholis tou Aristoteleiou Panepistimiou Tessalonikis 26 (1981), 14-15 (in greco).N. 55 / Spring 1999Bulletin / Centro Pro Unione 5 Chiese. Il motivo che hanno ambedue un posto preminente nella gerarchia è che ambedue sono stati capitali dell’Impero Romano. Così, i primati d’onore provenivano non dal diritto divino, ma dal diritto ecclesiastico6. d) Si mettono sotto la giurisdizione della Chiesa di Costanti- nopoli i Metropoliti del Ponto, dell’Asia e della Tracia. Di queste tre Diocesi aveva già parlato il 2° canone del II Conci- lio Ecumenico, il quale stabiliva che i vescovi di ognuna di queste Diocesi amministrano solo gli affari della loro Diocesi. e) Si decide che siano sottomessi sotto la giurisdizione della Chiesa di Costantinopoli anche i territori fuori i confini dell’Impero Romano. Questo si capisce anche nel senso che i detti territori dovrebbero essere anche fuori della giurisdizione di ognuno dei quattro altri Patriarcati. Ma, con il termine “en tois barbarikois”, la Chiesa di Costantinopoli divenne l’unica Chiesa che ha il diritto di estendere la sua giurisdizione ecclesiastica fuori e sopra delle giurisdizioni fissate. Oltre a questo canone, altri due già citati davano al capo della Chiesa di Costantinopoli il diritto d’appello in alto livello. Cioè, nel caso che “.... un vescovo o un chierico avessero motivo di divergenza col metropolita stesso della provincia, si rivolgano o all’esarca della diocesi, o alla sede della città imperiale, Costantinopoli, e presso di questa si tratti la causa” (canone IX). Nella stessa posizione si trova anche il canone XVII del medesimo Concilio Ecumenico di Calcedonia, il quale tra l’altro dice: “....Nel caso che qualcuno venga danneggiato dal proprio metropolita, costui sia giudicato o presso l’esarca della diocesi, o presso il tribunale di Costanti- nopoli”. Tutte queste decisioni dei Concili Ecumenici, che riguarda- no direttamente la Chiesa di Costantinopoli certamente non precedevano gli eventi storici, ma erano la conseguenza degli eventi stessi. Abbiamo molti eventi storici che dimostrano che il vescovo di Costantinopoli aveva un attività giurisdizionale ed un prestigio tra i vescovi della prefettura dell’Asia ed era considerato tale dai vescovi dei vari luoghi. Per esempio, il vescovo di Costantinopoli Eusebio (339-342), depose il vescovo di Sevastia7. Nell’anno 383, Gregorio il Teologo si indirizza al vescovo di Costantinopoli Nectario, chiedendo di esaminare il caso che riguardava il vescovo di Cappadocia 8 . Lo stesso Nectario ha convocato nel 394 un Sinodo Endimussa in Costantinopoli, con la partecipazione del 37 vescovi per esaminare la disputa tra due vescovi Arabi di nome Gavadio e Agapio, ambedue rivendicavano il vescovado di Vostron. Il Sinodo fu presieduto da Nectario, nonostante il fatto che nel Sinodo erano presenti sia il vescovo di Alessandria Teofilo e sia quello di Antiochia Flaviano9. Anche S. Giovanni Crisosto- mo, secondo lo storico Socrates, ha ordinato Serapione come vescovo di Eraclia in Tracia 10 . Lo stesso S. Giovanni Crisosto- mo, durante un viaggio in Asia Minore, informato che in alcuni vescovadi si trovavano vescovi indegni, depose in Efeso tredici di essi e a loro posto ne ordinò altri. Tra i vescovi deposti erano anche il vescovo di Efeso Antonino e il vescovo di Nicomedia Gerondio 11 . Ritornando al Concilio Ecumenico di Calcedonia, constatiamo che nelle discussioni per il XXVIII canone, e soprattutto nell’estensione della giurisdizione della Chiesa Costantinopolitana anche sulle eparchie di Ponto, dell’Asia e di Tracia, diversi vescovi di questi luoghi si presentavano ammettendo che sia essi come anche i loro predecessori, erano stati ordinati dal vescovo di Costanti- nopoli 12 . Dal tempo del Concilio Ecumenico di Calcedonia, si vede anche un cambiamento nei titoli dei capi delle Chiese della Pentarchia. Questi chiamandosi “protoi” (primi)13, ed in seguito “esarchi”, prendono il titolo di “patriarca” dalla metà del quinto secolo, nonostante che questa parola fosse usata anche prima per alcuni vescovi. Tuttavia, si vede che nel Concilio Ecumenico di Calcedonia i Padri che vi hanno preso parte, salutando il vescovo di Costantinopoli come Patriarca, davano alla parola il significativo che ha avuto in seguito 14 . Un titolo più rivelante sarà dato al Patriarca di Costantinopoli a partire della seconda metà del quinto secolo. È per titolo “Ecumenico”, concesso al Patriarca Acaccio (472-488), il Papa Felice protestò nel 483, dicendo: “Nescio quemadmodum te Ecclesiae totius asseras esse principem” 15 . Più tardi nel 518 abbiamo notizia, che chierici e monaci di Antiochia hanno chiamato il Patriarca di Costantinopoli Giovanni di Cappadocia 6 Cfr. Massimo, Metropolita di Sardis, Il Patriarcato Ecumenico, op. cit., 225. 7 Cfr. Sozomeno, Storia ecclesiastica, d. 24 (PG 67, 1792). 8 Cfr. R. Janin, “La formation du Patriarcat œcuménique de Constantinople”, Echos d’Orient, 13 (1910) 138. Gennadio, Metropolita di Ilioupolis, Storia del Patriarcato Ecumenico, Tessalonica (riproduzione anastatica dall’edizione del 1951). 9 Cfr. Mansi, Sacrorum Conciliorum..., III, 852-853. G. Ralli e M. Potli, Syntagma ton Theion kai Ieron Kanonon, vol 3, Atene, 1852, 625-628. 10 Cfr. PG 67, 716. 11 Cfr. Sozomeno, Storia ecclesiastica VIII, 6 (PG 67, 1529). Socrates, Storia ecclesiastica VI, 11 (PG 67, 697). 12 Vedi Genadio, Metroplita Di Ilioupolis, Storia del Patriarcato Ecumenico, op. cit., 167-168, dove si menzionano i vescovi che hanno sostenuto la sottomissione loro alla giurisdizione della Chiesa di Costantinopoli. 13 Cfr. il canone 34 degli Apostoli. 14 Cfr. Evagrio, Storia ecclesiastica, b 14, (PG 86, 2556). 15 Mansi, VI, 885 e 1055, 1012. Cfr. Gennadio, Metropolita di Ilioupolis, Storia del Patriarcato Ecumenico, op. cit., 189.6 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 55 / Spring 1999 “Padre dei Padri e Ecumenico Patriarca”16. Anche nelle Novelle dell’Imperatore Giustiniano e in diversi altri documen- ti si vede attribuito il titolo “Ecumenico” ai Patriarchi di Costantinopoli Epifanio (520-535), Antimo (535-536), e Mina (536-552). Il titolo “Patriarca Ecumenico” sembra però prevalere come titolo per i Patriarchi di Costantinopoli a partire del Patriarca Giovanni il Digiunatore (582-595), il quale giudicando il Patriarca di Antiochia Gregorio, accusato di diversi delitti canonici, si definisce negli atti del Concilio, appositamente riunito, Patriarca Ecumenico, titolo attribuitogli dai partecipanti al detto Concilio, nel quale avevano partecipa- to anche i Patriarchi di Alessandria e di Gerusalemme17. Dopo l’invasione araba i tre detti Patriarcati hanno perso la loro vitalità e la maggior parte dei loro Patriarchi si eleggevano a Costantinopoli. Durante questo periodo difficile, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli si è manifestato a favore di detti Patriarcati, dimostrando un interesse particolare fraterno e aiutandoli a mantenere la loro esistenza e di non perdersi 18 . Da queste notizie possiamo trarre alcune considerazioni. Primo, vediamo che il ruolo di Patriarca di Costantinopoli dentro la Cristianità Orientale si sviluppa con il passare del tempo, rinforzandosi dopo il Concilio Ecumenico di Calcedo- nia. Secondo, si nota che questa sua posizione è accettata quasi senza problemi dalla gerarchia e dal clero Orientale, nonostan- te l’opposizione del Papa, e terzo, che l’ordine dei Patriarchi, stabiliti nei Concili Ecumenici sono stati accettati anche dagli Imperatori. Infatti, nel I capitolo della Novella CXXXI si scrive che tutto ciò che è stato stabilito nei quattro Concili Ecumenici è stato anche accettato dall’Imperatore Giustiniano, e nel II capitolo si stabilisce l’ordine dei Patriarchi: “Ideoque sancimus secundum earum definitiones (cioè dei Concili Ecumenici) sanctissimum senioris Romae papam primum esse omnium sacerdotum, beatissimum autem archiepiscopum Constantinopoleos Novae Romae secundum habere locum post sanctam apostolicam sedem senioris Romae, aliis autem omnibus sedibus praeponatur”. Questa posizione dell’ordine e della dignità tra i cinque Patriarchi, stabilita dai Concili Ecumenici, sarà confermata alla fine del settimo secolo dal Concilio Trullano o Quinissesto (nel 691). Nel canone 36 del detto Concilio vi si legge: “Rinnovando tutto ciò che è stato stabilito per legge dai centocinquanta santi Padri di questa città reale e protetta da Dio, ed anche da quelli seicentotrenta riuniti in Calcedonia, determiniamo, così che la sede di Costanti- nopoli goda uguali primati come quella (che gode) la sede dell’antica Roma, rinomandosi anche nelle cose ecclesiastiche come essa, ed essendo seconda dopo di essa (cioè di Roma), dopo di che si enumerano la sede della grande città di Alessandria, in seguito di Antiochia, e dopo quella della città di Gerusalemme”. Questo canone oltre a confermare l’ordine delle cinque sedi Patriarcali, dimostra che in Oriente la coscienza ecclesiastica era da molto tempo favorevole ad un posto primario con le prerogative, date alla Chiesa di Costantinopoli dai Concili Ecumenici, nonostante le proteste che di tanto in tanto si presentavano da Roma. Oltre a ciò vediamo anche, che con il passar del tempo il prestigio del Patriarcato Ecumenico dentro l’Oriente Cristiano aumentava sempre più, assumendo nuovi incarichi, stabiliti con atti legali. Nello stesso periodo si allargano anche i confini esterni del Patriarcato, così che il territorio appartenente alla sua giurisdizione supera territorial- mente tutti gli altri Patriarcati Orientali. Così dal VII secolo si includono sotto la sua giurisdizione parti Ortodosse delle Chiese dell’Armenia e dell’Iberia. Inoltre, a partire da questo secolo, e soprattutto nei secoli nono e decimo, dopo la politica missionaria della Chiesa Costantinopolitana, trovano origine da essa grandi nuove Chiese in Serbia, Bulgaria, Russia e Slovacchia. Così vediamo che mentre aumentava da una parte la giurisdizione del Patriarcato Ecumenico con nuovi territori, dall’altra diminuivano le sedi patriarcali di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme, a causa delle invasioni arabe 19. Così con la sua eccellente posizione in Oriente, la sua grande attività missionaria e civilizzatrice, riconosciuta dai popoli, tramite essa, si rinnovavano spiritualmente passando al Cristianesimo, il suo contributo nel far ritornare molti eretici alla vera fede, e la sua grandissima attività in molti altri settori della vita ecclesiastica, dimostrano che la Chiesa di Costantino- poli al tempo dello scisma del 1054, era già pronta per divenire prima Chiesa Ortodossa Orientale, con lo stesso ruolo stabilito dai Concili Ecumenici e dai fatti storici durante questi secoli, cioè con il ruolo di “primus inter pares”, conservando anche i suoi privilegi. Il suo ruolo non ha cessato di esistere o non è diminuito anche quando i Crociati hanno preso Costantinopoli nel 1204 (quarta Crociata). Durante il periodo dell’occupazione, cioè dal 1204 fino al 1261, il Patriarcato Ecumenico di Costantino- poli ha seguito i capi politici di Bisanzio, stabilitisi nella città di Nicea, nella parte Asiatica. Uno degli atti che dimostrano la sua valenza negli affari ecclesiastici e giurisdizionali è la proclamazione nel 1219 dell’autocefalia dell’Arcivescovado di Pec, dal Patriarca di Costantinopoli Manuil. In seguito, 16 Cfr. Gennadio, Metrop. di Ilioupolis, Storia del Patriarcato Ecumenico, op. cit., 189. 17 Cfr. Gennadio, Metrop. di Ilioupolis, Storia..., op. cit., 189- 190. 18 Cfr. Basile Stavridis, “L’autorité du Patriarche œcuménique dans la vie de l’Église Orthodoxe”, Istina 40 (1995) 4, 364. 19 Cfr. Massimo, Metropolita di Sardis, Il patriarcato Ecumenico, op. cit., 283.N. 55 / Spring 1999Bulletin / Centro Pro Unione 7 nonostante gli avvenimenti che si sono succeduti con la proclamazione unilaterale da parte degli Serbi del loro capo ecclesiastico come patriarca nel 1346, e la protesta del Patriar- cato Ecumenico, il nuovo despota dei Serbi Giovanni Uglesi (1368) scrivendo al Patriarca di Costantinopoli ha sottomesso il suo popolo di nuovo sotto la giurisdizione della Chiesa di Costantinopoli 20 . Oltre la sua posizione giurisdizionale ed ecclesiastica la Chiesa di Costantinopoli si considerava Chiesa fondata sui dogmi e sui canoni della Chiesa Universale. Questo perché da una parte tutti i Concili Ecumenici della Chiesa dei primi otto secoli in comune e molti altri concili locali erano convocati nei territori della sua giurisdizione, e dall’altra perché si considerava da tutti, che la chiesa di Costantinopoli conservava la vera fede ed era garante dell’Ortodossia. E caratteristico quello che il noto monaco Giuseppe Vrienio parlando di Costantinopoli, scrive pochi anni prima della caduta di Costantinopoli: “Città di tutte le città sotto il sole, città che è illustre e famosa. È la statua dell’ecumene e il focolare della bellezza...”. Descrivendo in seguito detta città come centro del Patriarcato Ecumenico continua: “Da qui partono tutte le dignità ecclesiastiche, patriarchi, metropoliti, vescovi..., qui si trova la base (il fondamento) dell’ortodossia, la sommità dei dogmi, la cima della teologia” 21 . Questa opinione sul Patriarcato Ecumenico non era soltanto di Giuseppe Vrienio, ma regnava in quasi in tutte le Chiese Ortodosse di allora. D’altra parte, l’importanza del Trono Patriarcale dentro l’Ortodossia, che con il passare del tempo aumentava, certamente non era vista di buon occhio dal Trono Romano, il quale da parte sua aveva aumentato il suo prestigio in Occidente, nonostante le difficoltà. Roma, avendo come principale scopo la sua espansione giurisdizionale in tutta la Cristianità, pressava gli Imperatori Bizantini ad accettare tramite un accordo unionistico tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente questa primazia Papale, dando in cambio aiuto militare ai Bizantini per poter affrontare il pericolo dei Turchi. Però, per la Chiesa Ortodossa l’unione della Chiesa passava, come anche oggi, dall’unità della fede, cioè dall’unità nei dogmi, come era nel primo millennio. Bisognava, così, trovare una soluzione, per accontentare ambedue le parti. Un primo tentativo, non riuscito fu il Sinodo di Lione nel 1274. Il secondo tentativo, quello di Ferrara-Firenze del 1438-1439 appariva più serio. Vediamo da una parte gli Orientali, con a capo il Patriarca di Costantinopoli, discutere con fermezza i punti principali della divisione, che erano “il Filioque”, “il Purgatorio” e “gli Azimi”, e dall’altra i Latini, che facevano di tutto per dimostrare e far accettare la supremazia papale. È certo, che alla fine gli Orientali, a seguito della pressione da parte dei Turchi, che avevano circondato Costantinopoli, hanno accettato le posizioni dei Latini, per poter ricevere da loro aiuto militare. D’altra parte però, avevano accettato anche la supremazia papale su tutti gli aspetti, e per la prima volta questa assumeva maggior rilievo. È interessante vedere in che modo è stato redatto questo importante punto della Bolla unionistica del Concilio di Firenze, firmata il 6 luglio 1439. Ecco il testo: “Parimente definiamo che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice tengono il primato su tutto il mondo e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del Beato Pietro principe degli Apostoli e vero vicario di Cristo e capo di tutta la Chiesa, padre e maestro di tutti i Cristiani; a lui nella persona del Beato Pietro fu data da nostro Signor Gesù Cristo piena potestà di pascere, reggere e governare la Chiesa universale, come anche si attesta negli atti dei concili ecumenici e nei sacri canoni. Inoltre riconfermiamo l’ordine, già stabilito dai canoni, fra gli altri venerabili patriarchi, che cioè il Patriarca di Costantinopoli sia il secondo dopo il santissimo Romano Pontefice, terzo quello di Alessandria, quarto quello di Antiochia, quinto quello di Gerusalemme, salvi, s’intende, i loro privilegi e diritti”22. Da questo testo si vede chiaramente una differenziazione o piuttosto una alterazione del senso comune della Pentarchia del primo millennio. In apparenza nonostante il fatto che l’ordine dei cinque Patriarcati sia lo stesso, come stabilito dai Concili Ecumenici, in verità c’è una grandissima differenza sulla loro posizione rispetto al ruolo e soprattutto al ruolo nella Chiesa universale del Papa e del Patriarca di Costantinopoli, il quale vede perdere l’uguaglianza del primato d’onore e dei privilegi che aveva con il Papa, in base al III canone del II Concilio Ecumenico e del XXVIII canone del IV Concilio Ecumenico, per passare ad una posizione secondaria insieme con gli altri tre Patriarcati d’Oriente23. Per contro, aumenta il ruolo del Papa e prende un significato unico e essenziale, come già si 20 Vedi Miklosich-Muller, Acta Patriarcatus Costantinopolitani, vol. 1, 1860, 562. Kallinikos Delikanis, Patriarchica Engrafa (Documenti Patriarcali), vol. 3, Costantinopoli, 1905, 769 (in greco). Vedi anche l’atto del Patriarca di Costantinopoli Filoteo I, riguardante il ristabilimento delle relazioni con il Despota dei Serbi, in Miklosich-Muller, Acta..., op. cit., 560-564. Kallinikos Delikanis, op. cit., 772. 21 Vedi l’edizione di Eugenio Bulgari, Leipzig, 1768, vol. 2, pp.274-75. Cfr. Gennadio, Metrop. di Ilioupolis, Storia del Patriarcato Ecumenico, op. cit., 35. 22 Vedi Joseph Gill, Il Sinodo di Firenze, Firenze: Sassone G.c,1967, 493-94. 23 Qui dobbiamo dire che l’ordine della Pentarchia, così come fu stabilita nel Concilio di Firenze, fu preso come modello nella redazione del Codice delle Chiese Orientali per stabilire il posto dei Patriarcati Orientali uniti con Roma dentro la Chiesa Cattolica Romana e per regolare le loro relazioni con il Romano Pontefice.8 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 55 / Spring 1999 pensava in Occidente. Un’altra osservazione è che il primato papale non si basa più nel fatto, che fu l’antica capitale dell’Impero Romano, come era stabilito nei canoni dei Concili Ecumenici, ma nella teoria di successore di Pietro. Con questo testo però si accerta anche un altro fatto molto importante: quello del riconoscimento, per la prima volta da parte del Papa, anche se non in maniera esplicita, dei canoni dei Concili Ecumenici che prendevano in considerazione il ruolo della Chiesa di Costantinopoli nell’ambito della Chiesa Universale, come per esempio, il canone 28 del Concilio di Calcedonia, nonostante lo spirito cambi secondo il desiderio e le aspirazioni della Chiesa Romana. Questo si vede anche nel fatto che si usano nel testo della Bolla del Concilio di Firenze termini uguali con quelli usati nei canoni del soprannominati Concili. Come è noto, l’unione del Concilio di Firenze e il suo Decreto non sono stati accettati dalla Chiesa Ortodossa, la quale ha continuato a vivere rimanendo nella stessa linea dei primi secoli Cristiani e conservando lo stesso vero ordine ecclesiastico della Pentarchia, come già stabilito dai Concili Ecumenici. Il ruolo primario del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli dentro la Chiesa Ortodossa Orientale, continuerà con un aspetto più essenziale, dopo la Caduta di Costantinopoli nelle mani degli Ottomani Turchi nel 1453. Così i Cristiani, che prima si trovavano dentro l’Impero Bizantino Ortodosso, da un giorno all’altro si sono trovati dentro un Impero musulmano. Però, nonostante questo, il Sultano, per motivi politici, economici e strategici, ha riconosciuto il Patriarca non solo come capo religioso e spirituale, ma anche come Etnarca (Millet Basi) di tutta la nazione di Rum (Romania), cioè come Capo politico-religioso di tutti gli Ortodossi senza distinzione etnica, dando anche a lui alcuni privilegi riguardanti la religione, l’educazione e la legislazione, che si potevano esercitare secondo l’usanze e le norme cristiane. Inoltre quando nell’anno 1517 gli Ottomani conquistarono l’Egitto, la Siria e la Palestina, che si trovavano prima sotto gli Arabi, anche i tre Patriarcati Ortodossi si sono trovati nell’immenso stato Ottomano. Allora il Sultano ha riconosciuto al Patriarca di Costantinopoli il ruolo dell’Etnarca anche per i Cristiani Ortodossi di queste parti. Inoltre il Patriarca era il mediatore tra i tre Patriarcati Ortodossi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme e la Porta Ottomana. Riguardo alle altre regioni Ortodosse vediamo che il Patriarcato di Costantinopoli fino al 1461 interveniva spesso negli affari della Chiesa Russa per risolvere problemi emergenti. Dopo la separazione di Kiev da Mosca nel 1461, le relazione dei Patriarchi di Costantinopoli con i Metropoliti di Kiev erano strettissime e l’elezione di quest’ultimi veniva confermata dal Patriarca24. Anche nel 1649 il Metropolita di Kiev Silvestro, che dipendeva allora da Mosca fu ordinato nella Chiesa Patriarcale di Fanar a Costantinopoli. Un avvenimento storico molto importante è accaduto quando, trovandosi il Patriarca Geremia II in Russia, i Russi hanno espresso al Patriarca il loro desiderio di avere un Patriarcato. In occasione del Grande Sinodo del 10 gennaio 1589, convocato dal Patriarca Geremia, fu eletto come capo della chiesa Russa il Metropolita di Mosca Iov (Giobbe), il quale, il 23 gennaio fu ordinato dallo stesso Patriarca Geremia, Patriarca della Russia 25 . Il Patriarca Geremia ritornando a Costantinopoli ha convocato in maggio, sotto la sua presidenza, un grande sinodo, con la partecipazione anche dei Patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme, ed 81 vescovi, hanno riconosciuto, approvato e confermato, le decisioni e tutti gli atti del Patriarca Geremia, presi a Mosca. Interessante è il testo del Tomos Sinodale del riconoscimento del Patriarcato di Mosca, nel quale si scrive tra l’altro che il Patriarca della Russia “...deve avere come capo e autorità la sede (il trono) apostolica di Costantinopoli, come anche gli altri Patriarchi”26. Un altro Sinodo, riunito allo stesso scopo a Costantinopoli nel 1593, ha ratificato di nuovo la posizione del Patriarcato di Mosca in seno alla Chiesa Ortodossa, inserendolo al quinto posto dei Patriarcati Ortodossi, cioè dopo il Patriarca di Gerusalemme. Anche in questo testo del Tomos si scrive che il Patriarca di Mosca deve tra l’altro “commemorare il nome del Patriarca Ecumenico nonché degli altri e riconoscere come capo e primo la sede (il trono) apostolica di Costantinopoli, come gli altri patriarchi”27. Il riconoscimento del primato del Patriarcato Ecumenico e del suo ruolo dentro la Chiesa Ortodossa da parte dei Patriarchi delle altre Chiese Ortodosse dell’Oriente non significava che il Patriarca di Costantinopoli si trasformava in un “Papa dell’Oriente” come alcuni pretendevano. I Patriarchi di Costantinopoli in generale rispettavano le costituzioni e le norme che riguardavano lo statuto autocefalo di ognuna delle Chiese, secondo il quale esse, all’interno della loro Chiesa, erano indipendenti, auotodirigenti ed autonome. Il Patriarcato di Costantinopoli quando interveniva, lo faceva soltanto nel caso in cui la situazione non era buona per le dette Chiese e in caso di necessità, come dovere fraterno, circa i diritti canonici e politici e quando le stesse Chiese lo chiedevano per risolvere 24 Cfr. Massimo, Metropolita di Sardis, Il Patriarcato Ecumenico..., op. cit., 305. 25 Cfr. op. cit., 307. 26 Vedi K. Delikanis, Documenti Patriarcali..., op. cit., 3, 24-25. 27 Vedi W. Regel, Analecta Byzantino-Russica, Petropoli, 1891, 87. Cfr. Massimo, Metropolita di Sardis, op. cit., 308-309.N. 55 / Spring 1999Bulletin / Centro Pro Unione 9 problemi interni28. E interessante quello, che si dice in un Atto del Patriarca di Costantinopoli Neofito il VII (1789-1794 e 1798-1801), con il quale sottometteva di nuovo la Metropoli di Aleppo alla giurisdizione del Patriarcato di Alessandria. Si scrive tra l’altro: “Aiutare secondo le possibilità e le necessità anche altri santissimi ed apostolici troni patriarcali, il nostro santissimo apostolico ed ecumenico trono patriarcale trovandolo giusto, lo fa materialmente da tempi antichi, ma sottrarre però i loro diritti e di trattare ingiustamente avvantaggiandosi, non lo sopporta, non soltanto materialmente, ma non vuol neanche sentirne parlare. Il primo (cioè l’aiuto) e giusto e pregevole, quello invece e ingiusto e sconveniente per la dignità patriarcale” 29 . Questo atteggiamento fraterno del Patriarcato Ecumenico verso le altre Chiese Ortodosse viene messo in rilevo in un articolo scritto nella rivista Notizie ecclesiastiche del Sinodo della Chiesa Russa dal ben noto professore dell’accademia Teologica del Pietroburgo I. Sokoloff, il quale analizzando l’attività del Patriarcato Ecumenico dopo la Caduta di Costantinopoli scrive tra l’altro: “I Patriarchi Ecumenici, in tutto il periodo dopo la Caduta, prestavano aiuto ed assistenza anche alle altre Chiese Ortodosse dell’Oriente, nei loro momenti difficili. Concedevano per queste Chiese i propri tempii (chiese), monasteri, beni, per il vantaggio morale e materiale del loro clero e popolo” e continua, dando come esempio, molti fatti storici 30 . Il ruolo del Patriarcato Ecumenico dentro la Chiesa Ortodossa dopo la Caduta di Costantinopoli e fino al XIX secolo, è come si è visto, un ruolo di diaconia e sostegno fraterno, nonostante che la situazione dei Cristiani non fosse in buoni condizioni. Nel XIX secolo, che si identifica come secolo della civiltà tecnologica e il periodo delle insurrezioni, soprattutto nei Balcani, il Patriarcato Ecumenico si è trovato dinanzi a nuovi problemi. Con il prevalere del principio delle nazionalità si sono creati nuovi stati, che hanno portato avanti l’idea delle Chiese nazionali. Questa idea, alquanto strana e non in usanza nella Chiesa Ortodossa, ha avuto come conseguenza la divisione della Chiesa Ortodossa dell’Europa sud-est, in un modo non tanto normale, in Chiese Nazionali. Così sono sorte le Chiese autocefale della Grecia, proclamata nel 1833 e riconosciuta come tale dal Patriarcato Ecumenico nel 1850, la Chiesa della Romania nel 1885 e la Chiesa della Bulgaria nel 1870. La Chiesa della Serbia ha scelto la via irenica, ottenendo l’autocefalia nel 1879. In questo periodo, però un problema molto grave iniziato con una nuova tesi di etnofiletismo, cioè del sciovinismo nazionale, da parte della Chiesa Bulgara. Questo costituisce un fenomeno strano e contro l’unità della Chiesa Ortodossa, perché si basa sulla tesi, che in ogni luogo possono costituirsi diverse Chiese di diverse razze, e che in ognuna di queste Chiese vengono accettati fedeli della stessa razza. Oltre a questo l’etnofiletismo e anche contro le norme del diritto Canonico della Chiesa, perché provoca seri problemi sull’amministrazione della chiesa locale 31 . Davanti a questa nuova inammissibile situazione per la Chiesa Ortodossa il Patriarcato Ecumenico, volendo proteggere l’unità della Chiesa Ortodossa, ha convocato nel 1872 a Costantinopoli un Grande Sinodo Locale, il quale ha condannato l’Etnofiletismo. La decisione di questo sinodo è stata accettata da tutte le altre Chiese Ortodosse. Così la Chiesa Bulgara si è considerata scismatica, rimanendo fuori dalla famiglia Ortodossa fino al 1945, quando il Patriarcato Ecumenico, dopo il perdono che ha chiesto e la richiesta che ha fatto, ha riconosciuto con un Atto (Tomos) ufficiale l’autocefalia della Chiesa Bulgara, e nel 1961 con un nuovo Atto lo stesso Patriarcato ha riconosciuto alla Chiesa Bulgara la dignità Patriarcale. Nel XX secolo il Patriarcato di Costantinopoli, con uno spirito irenico, devolve sin dall’inizio la sua forza per ottenere prima di tutto l’unità della Chiesa Ortodossa, e dopo anche di promuovere l’idea dell’unità dei Cristiani. A questo scopo il Patriarca Ecumenico Gioacchino ha mandato nel 1902 una Enciclica accompagnata da una lettera patriarcale a tutti i Capi delle Chiese Ortodosse, pregandole di esprimere la loro opinione sul modo migliore di “coltivare rapporti “più stretti tra le Chiese Ortodosse, ed anche sulle modalità di riavvicinamento con le altre Chiese Cristiane. Anche con un’altra Enciclica Sinodale emanata nel 1920, ben nota al mondo Cristiano, il Patriarcato Ecumenico ha preso, dopo secoli della separazione delle Chiese Cristiane dell’Oriente e dell’Occidente, una iniziativa storica straordinaria, con la quale si chiedeva da parte di tutte le Chiese Cristiane di trovare le vie per eliminare le diversità e arrivare alla riconciliazione, proponendo anche l’idea avanzata di una collaborazione, prendendo come modello la Società delle Nazioni 32 . Il Patriarcato Ecumenico in accordo con le altre Chiese Ortodosse, ha convocato, come si è detto, le Conferenze Panortodosse a Rodi nel 1961, 1963, 1964, e a Ginevra nel 1964, la Commissione Interortodossa Preparatoria del Santo 28 Cfr. anche Massimo, Metropolita di Sardis, Il Patriarcato Ecumenico..., op. cit., 314. 29 Vedi Delicanis, Documenti Patriarcali..., op. cit., vol. 2, 217. Cfr. Massimo, Metrop. di Sardis, op. cit., 314-315. 30 Vedi Massimo, Metropolita di Sardis, op. cit., 317-319. 31 Vedi p.e. il Canone 28 del I Concilio Ecumenico (381), e il canone 12 del I Concilio Ecumenico (451). 32 Vedi ambedue le Encicliche Patriarcali, tradotte in lingua italiana, nel libro di Gennadios Zervos, Il contributo del Patriarcato Ecumenico per l’unità dei Cristiani, Roma: Città Nuova Editrice, 1974, 229-238. Next >