CENTRO PRO UNIONE N. 81 - Spring 2012 ISSN: 1122-0384 semi-annual Bulletin In this issue: Letter from the Director...........................................................p. 2 Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: Sviluppi e sfide dell’ecumenismo Kurt Koch............................................................... p. 3 Impulses of the Spirit: The Servant Church after Vatican II Drew Christiansen, SJ..................................................... p. 13 A Bibliography of Interchurch and Interconfessional Theological Dialogues Twenty-seventh Supplement (2012).......................................... p. 21 Centro Pro Unione - Via S. Maria dell'Anima, 30 - 00186 Rome, Italy A Ministry of the Franciscan Friars of the Atonement www.prounione.urbe.it Director's Desk The Spring issue of the Bulletin offers some of the texts of conferences given at the Centro Pro Unione this past year. Cardinal Kurt Koch, President of the Pontifical Council for Promoting Christian Unity gave the sixteenth Lecture in honor of the co-founders of the Society of the Atonement, Fr. Paul Wattson, SA and Mother Lurana White, SA. Using the metaphor of air travel he presented an overview of the ecumenical landscape today. By looking at the distance that the churches and ecclesial communities have covered during the past 50 years in coming closer to each other in understanding and lived reality, the Cardinal noted some shifts that have occurred during the last years. He singles out an ecumenical methodology that, in the past has been fruitful but in recent times has come under some criticism. “Differentiated consensus” was very important in finding a solution to the divisions of the XVIth century in regards to the question of justification. Some are proposing a substitution of this method with that of an ecumenism of difference. Koch believes that it is unthinkable that the model of differentiated consensus can be substituted as long as it is is animated by a hermeneutic of reciprocal trust. It seems that all the churches have entered into a phase of new research into their confessional identities which has some risks attached to it especially if the tendency is to accenuate only that which is above all different. The author offers other challenging view points concerning the contemporary ecumenical scene and the role of the Council for Christian Unity in finding ways of promoting the dialogue of life. The second article in this issue is the text of the presentation during the Week of Prayer for Christian Unity. Drew Christiansen, SJ takes a look at the issues of social justice that the Catholic church has been engaged in since the Second Vatican Council. Starting from the Council document Gaudium et Spes he traces how the church as been seen as a ‘servant church’ in the the world. Two important dimensions to the construction of this reality are seen in the ecumenical and inter-religious engagement as well as the promotion of human dignity and the defense of human rights. Finally, Dr Nepi, the Librarian of the Centro, has compiled the 2012 supplement of the bibliography of inter-church theological dialogues. Our readers should note that they may consult the full bibliography which is up-dated daily on our web site www.prounione.urbe.it Check our web site for up to date information on the Centro’s activities and realtime information on the theological dialogues. Look for the presentations in our next issue of Cardinals Koch and Kasper given on the occasion of the presentation of the Italian translation of Kasper’s latest book, Chiesa cattolica: essenza, realtà, missione (Brescia: Queriniana, 2012). This Bulletin is indexed in the ATLA Religion Database, published by the American Theological Library Association, 250 S. Wacker Drive, 16 Floor, Chicago, IL 60606 ( th http://www.atla.com). James F. Puglisi, sa DirectorCentro Conferenze CCCC Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani Sviluppi e sfide dell’ecumenismo Kurt Cardinale Koch Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani XIV conferenza annuale in onore di Padre Paul Wattson e Madre Lurana White (Conferenza tenuta al Centro Pro Unione, giovedì 15 dicembre 2011) Se gettiamo uno sguardo agli ultimi cinquant’anni dell’impegno ecumenico, notiamo che l’ecumenismo può essere paragonato in maniera forse più calzante ad un viaggio in aereo. Un simile viaggio inizia, a seguito di lunghi ed intensi preparativi, con una rapida corsa sulla pista e con un altrettanto rapido decollo. Dopo che il velivolo ha raggiunto l’altezza di quota e continua a volare in cielo, si può avere però l’impressione che non si muova più o che si muova solo lentamente. Ma ogni passeggero deve rimanere assolutamente fiducioso che l’aereo arriverà a destinazione in tutta sicurezza. 1. Un viaggio ecumenico in aereo Per quanto riguarda l’impegno ecumenico all’interno della Chiesa cattolica, il Concilio Vaticano Secondo corrisponde alla rapida corsa sulla pista, con cui la Chiesa assunse un nuovo atteggiamento nei confronti del movimento ecumenico, il quale poté realizzare una svolta decisiva nel 1948 con l’istituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Tuttavia, il grande cambiamento conciliare non sarebbe stato certamente possibile senza prima gli sforzi ecumenici di Papa1 Leone XIII e di Papa Benedetto XV, convinti sostenitori della Preghiera per l’Unità dei Cristiani, e soprattutto di Papa Pio XII, che aveva già pensato di convocare un Concilio e che, con il suo ampio e proficuo Magistero, preparò la strada al Concilio Vaticano Secondo. Si è2 accennato brevemente a questi precedenti storici per mostrare che il Concilio Vaticano Secondo, sebbene abbia comportato una svolta incontestabilmente innovatrice, si è situato in una continuità fondamentale con la tradizione e non ne ha provocato alcuna rottura. L’obiettivo del Concilio era infatti non una nuova Chiesa, ma una Chiesa rinnovata. Questo corrisponde precisamente all’orientamento fornito al Concilio da Papa Giovanni XXIII, ovvero il rinnovamento interno della Chiesa cattolica e la ricomposizione dell’unità ecumenica dei cristiani. Per mantenere presente questo obiettivo durante il Concilio, Papa Giovanni XXIII fondò nel 1960, ovvero due anni prima del Concilio stesso, l’allora Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, affidandone la guida al Cardinale gesuita tedesco Augustin Bea.3 La convocazione del Concilio Vaticano Secondo, come rapida corsa sulla pista, aveva acceso allora molte aspettative suscitando in non pochi la speranza che l’unità dei cristiani fosse ormai alle porte. Ma a distanza di cinquant’anni continuiamo a muoverci ad un’altezza di quota invariata o almeno percepita come tale da molti di fronte al sopraggiunto “ritardo della parusia”. Rimane comunque la speranza giustificata che l’aereo ecumenico atterrerà in tutta sicurezza. Cfr. J. ERNESTI e W. THÖNISSEN (Edd.), Die Entdeckung der 1 Ökumene. Zur Beteiligung der katholischen Kirche an der Ökumene, Konfessionskundliche Schriften des Johann-Adam- Möhler-Instituts, 24 (Paderborn/Francoforte: Bonifatius/Lembeck, 2008). Cfr. Ph. CHENAUX (ed.), L’eredità del Magistero di Pio XII, Dibattito 2 per il millennio, 13 (Città del Vaticano : Università laterano, 2010). Cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE 3 DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI (ed.), Unità dei Cristiani: Dovere e speranza. Per il 50° Anniversario dell’Istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani 1960 -2010 (Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2010.). N. 81 / Spring 2012Bulletin / Centro Pro Unione 3E ciò vale soprattutto se pensiamo al vero pilota, ovvero allo Spirito Santo, che ha cominciato questo viaggio in aereo con la nostra Chiesa e che lo porterà certamente a compimento. In questo spirito fiducioso, i pontefici che si sono succeduti dopo il Concilio Vaticano Secondo hanno confermato e concretizzato la svolta ecumenica. Papa Paolo VI, quando era ancora in corso il Concilio, ha compiuto un significativo passo ecumenico soprattutto nella direzione dell’ortodossia, con il memorabile annullamento delle scomuniche del 1054 sottoscritto da lui e dal Patriarca ecumenico Athenagoras il 7 dicembre del 1965. Con tale atto, il veleno delle scomuniche è4 stato tolto dal mezzo della Chiesa ed il “simbolo della divisione” è stato sostituito con il “simbolo della carità”. 5 Questo atto ha segnato il punto di partenza del dialogo ecumenico della carità e della verità tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il cui obiettivo è la ricostituzione della comunione sacramentale. In particolare, Papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica lungimirante “Ut unum sint”, ha dichiarato in maniera inequivocabile che l’impegno ecumenico è un compito particolare della nostra Chiesa e, pertanto, un processo irreversibile. Analogamente, Papa Benedetto XVI, nel6 suo primo messaggio dopo l’elezione al Soglio Pontificio, ha definito la ricerca dell’unità visibile come il suo impellente dovere. Queste chiare prese di 7 posizione testimoniano che l’impegno ecumenico nella Chiesa cattolica non è una scelta opzionale, ma un dovere. Così come ogni viaggio in aereo ci permette di scorgere un bellissimo paesaggio, a condizione che il cielo sia limpido, anche il lavoro ecumenico degli ultimi cinquant’anni ha allargato il nostro orizzonte e ci ha permesso di vedere la grande varietà della realtà cristiana nel mondo odierno. Il paragone tra il movimento ecumenico e il viaggio in aereo è dunque appropriato anche perché, grazie a tale arricchimento, non solo possiamo guardare agli ultimi cinquant’anni di ecumenismo, ma possiamo anche fare il bilancio della sua situazione ricordandone la partenza e, al tempo stesso, definendone nuovamente l’obiettivo. Infatti, solo se prendiamo sul serio la Tradizione e siamo attenti ai segni del nostro tempo, potremo anche guardare al futuro. Nel ricordare la corsa del viaggio ecumenico in aereo, incontriamo innanzitutto il Decreto sull’ecumenismo “Unitatis redintegratio” che, promulgato dal Concilio Vaticano8 Secondo il 21 novembre del 1964, costituisce una pietra miliare sul cammino ecumenico della Chiesa cattolica e, fin dalla sua prima frase, dichiara uno dei principali intenti del Concilio: “promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani”. Tenendo presente tale obiettivo, il decreto espone nel primo capitolo i principi cattolici dell’ecumenismo, mentre nel secondo si concentra sul suo esercizio a livello pratico. Il terzo capitolo presenta infine le Chiese e le Comunità ecclesiali separate dalla Sede Apostolica Romana e parla del cammino di riconciliazione verso l’unità. 2. Due diversi tipi di divisione della Chiesa Il Concilio aveva dunque davanti agli occhi fin dall’inizio due diversi tipi di divisione della Chiesa. La prima divisione 9 è il grande scisma tra la Chiesa d’occidente e la Chiesa d’oriente, di cui fanno parte anche le Chiese ortodosse orientali, che si sono separate dalla Chiesa universale nel quarto e quinto secolo. Il grande scisma tra oriente ed occidente, e più precisamente tra Roma ed i Patriarcati orientali, è solitamente collegato all’anno 1054, che va inteso più come una data simbolica che come una data storica. La10 seconda grande divisione della Chiesa è avvenuta all’interno Cfr. PATRIARCATO ECUMENICO e SEGRETARIATO PER 4 LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI (ed.), Tomos Agapis (Vatican-Phanar (1958–1970) (Roma/Istanbul: [sn], 1971). Questo volume documenta gli scritti e i discorsi scambiati tra Roma e Costantinopoli tra il 1958 e il 1970. J. RATZINGER, “Rom und die Kirchen des Ostens nach der 5 Aufhebung der Exkommunikation von 1054” in: ID. Theologische Prinzipienlehre. Bausteine zur Fundamentaltheologie (München: Erich Wewel, 1982) 214-230. Cfr. W. KASPER, “Ökumene – menschlich, charismatisch, 6 spirituell”, in: W. BARTOSZCWKSI (ed.), Die Kraft des Augenblicks. Begegnungen mit Papst Johannes Paul II (Friburgo./Baslea/Viena: Herder, 2004) 186-191. Vedere W. THÖNISSEN (ed.) Unitatis Redintegratio: 40 Jahre 7 Ökumenismusdekret – Erbe und Auftrag, Konfessionskundliche Schriften des Johann-Adam-Möhler-Instituts, 23 (Paderborn/Francoforte: Bonifatius/Lembeck, 2005). Vedere J. RATZINGER, “Die ökumenische Situation – Orthodoxie, 8 Katholizismus und Reformation”, in: ID. Theologische Prinzipienlehre, op . cit., 203-214. Vedere E. Ch. SUTTNER, “Der geschichtliche Wandel des 9 Bewusstseins von der Einheit der Kirche in Vielfalt und des Verständnisses von den Schismen zwischen Lateinern und Griechen”, in: Kirche in einer zueinander rückenden Welt. Neue Aufsätze ... zu Theologie, Geschichte und Spiritualität des christlichen Ostens, Das östliche Christentum. Neue Folge, 53 (Würzburg: Augustinus-Verlag, 2003) 37-57. Vedere anche 327-338: “Kircheneinheit im 11. bis 13. Jahrhundert durch einen gemeinsamen Patriarchen und gemeinsame Bischöfe für Griechen und Lateiner”. Vedere E. Ch. SUTTNER, “Vorchalcedonische und chalcedonische10 Christologie: die eine Wahrheit in unterschiedlicher Begrifflichkeit”, in: Kirche in einer zueinander..., op. cit., 155-170. 4 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 81 / Spring 2012della Chiesa d’occidente nel XVI secolo, provocando una serie di successive divisioni. Di fatti, le Chiese e le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma sono divenute nel frattempo un pluriverso ampio e complesso. In questo pluriverso a livello mondiale, marginali sono gli sforzi compiuti a favore di una maggiore unità interna; ne conseguono crescenti e diversificate frammentazioni nel protestantesimo mondiale. Già questa caratteristica puramente formale evidenzia il fatto che lo scisma tra oriente ed occidente dell’XI secolo e lo scisma della Chiesa occidentale del XVI secolo sono due divisioni fondamentalmente diverse, il cui superamento deve avvenire tramite dialoghi ecumenici diversi. Il lavoro del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani si articola, di fatti, in due distinte sezioni: quella orientale e quella occidentale. a) La divisione della Chiesa tra oriente ed occidente Per quanto riguarda le Chiese ortodosse orientali, che in parte non hanno accolto le decisioni cristologiche del Concilio di Calcedonia del 451, è facilmente comprensibile che il dialogo ecumenico con queste si sia occupato in prima linea di tematiche cristologiche. Poiché la frattura tra Chiese calcedonesi e precalcedonesi tocca il simbolo cristologico e quindi il nocciolo della fede cristiana stessa, là dove non c’è unità nella professione di fede cristologica non può esserci neppure unità nell’Eucaristia come sacramento del Corpo di Cristo. Il risultato dei dialoghi ecumenici è stato comunque quello di far riconoscere alle due comunità ecclesiali il fatto che, sulla base comune del Concilio di Nicea e quindi sulla professione di fede che proclama sia l’umanità di Dio in Gesù che la consustanzialità del Figlio con il Padre, non esiste tra loro una differenza fondamentale nella fede in Gesù Cristo, nonostante le loro diverse espressioni teologiche. Dopo che Papa 11 Paolo VI e il Patriarca siro-ortodosso Mor Ignatius Yaqoub III hanno formalizzato tale costatazione nella Dichiarazione comune del 1971, Papa Giovanni Paolo II ed il Patriarca Ignatius Zakka I. Iwas hanno firmato nel 1984 un accordo pastorale sul conferimento dei sacramenti ai fedeli appartenenti alla Chiesa altrui in situazioni particolari, un atto da considerarsi storico, poiché ha stabilito per la prima volta nella storia, nonostante la divisione ecclesiale esistente, una limitata comunicatio in sacris. 12 Questi sviluppi incoraggianti sono stati possibili anche perché, in entrambe le Chiese, è stata preservata la struttura ecclesiale fondamentale sviluppatasi dal secondo secolo, ovvero la struttura sacramentale-eucaristica ed episcopale della Chiesa, nel senso che entrambe le Chiese considerano l’unità nell’Eucaristia ed il ministero episcopale come elementi costitutivi dell’essenza stessa della Chiesa. Poiché i dialoghi ecumenici hanno confermato ed approfondito questa comunione nella fede, nei sacramenti e nella costituzione episcopale della Chiesa, oggi figurano al primo posto dell’ordine del giorno soprattutto questioni ecclesiologiche, ed in particolare il tema della Chiesa come communio ed il tema della comunione tra le Chiese. Possiamo dire più o meno la stessa cosa in merito alla separazione tra Roma e Costantinopoli, che ha condotto infine alla divisione tra oriente ed occidente. Anche le Chiese ortodosse hanno mantenuto quella struttura ecclesiologica di base che, dal secondo secolo, viene definita successio apostolica. Pertanto, i dialoghi ecumenici con le Chiese ortodosse si sono innanzi tutto concentrati sul consolidamento del comune fondamento di fede. Ciò è vero soprattutto per 13 il primo decennio, che va dal 1980 al 1990, durante il quale sono state conseguite ampie convergenze tra teologia ortodossa e teologia cattolica sui temi relativi ai sacramenti, al mistero della Chiesa, all’Eucaristia, al rapporto tra fede, sacramento e unità della Chiesa ed al ministero sacerdotale. Nel secondo decennio, dal 1990 al 2000, il dialogo teologico si è rivolto invece in maniera sempre più accentuata al problema dell’uniatismo ed alla questione del proselitismo che, considerati da parte ortodossa come i maggiori ostacoli al dialogo teologico, hanno portato infine, nel 2000, all’interruzione dei lavori della Commissione. Nonostante un lungo periodo di progresso teologico, il dialogo si arenava e pareva tornato al punto di partenza, almeno per quanto riguarda il superamento di questo spinoso problema. È uno dei grandi meriti di Papa Benedetto XVI quello di aver favorito, poco tempo dopo l’inizio del suo Pontificato, la ripresa dei lavori della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa Cfr. E. Ch. SUTTNER, “Vorchalcedonische und 11 chalcedonische...”, op. cit., 155-170. J. OELDEMANN (ed.), Gemeinsamer Glaube und pastorale 12 Zusammenarbeit. 25 Jahre Weggemeinschaft zwischen der Syrisch- Orthodoxen Kirche und der Römisch-katholischen Kirche (Friburgo: Reinhardt Friedrich Verlag, 2011). Vedere G. MARTZELOS, “Der theologische Dialog zwischen der 13 Orthodoxen und der Römisch-katholischen Kirche: Chronik – Bewertung – Aussichten”, in: K. NIKOLAKOPOULOS (ed.), Papst Benedikt XVI. und die Orthodoxe Kirche. Bestandsaufnahmen, Erwartungen, Perspektiven (St. Ottilien: EOS, 2008) 289-327. N. 81 / Spring 2012Bulletin / Centro Pro Unione 5ortodossa. La Commissione si è concentrata su quel punto dolente dell’ecclesiologia che ha ostacolato finora la comunione ecclesiale, ovvero la questione del primato del Vescovo di Roma, considerato da parte ortodossa come una distruzione della struttura ecclesiale. Questo giudizio della teologia ortodossa si basa sulla convinzione che l’unità tra sacramento e giurisdizione è infranta nel ministero petrino, poiché esso non è un sacramento, ma soltanto una posizione giuridica che si pone al di sopra dell’ordine sacramentale. Con la dichiarazione di Ravenna del 2007 sulle “conseguenze ecclesiali e canoniche della natura sacramentale della Chiesa” è stato possibile realizzare un importante passo avanti, poiché entrambe le Chiese hanno riconosciuto la necessità della Chiesa di avere un Protos a livello locale, regionale e universale. Questa questione dovrà essere14 ulteriormente approfondita in futuro tramite una discussione teologica sul rapporto tra primato e sinodalità nella Chiesa. Il dialogo potrà produrre buoni risultati se mirerà a quell’obiettivo che l’attuale Papa aveva già formulato negli anni settanta, ovvero il fatto che Roma non deve pretendere dall’oriente, per ciò che riguarda la dottrina sul primato, “più di quanto era stato formulato e vissuto nel primo millennio”. Nella sua intervista con Peter15 Seewald, Benedetto XVI ha perfino affermato che le Chiese orientali sono “vere Chiese particolari”, sebbene non siano in comunione con il Papa, e che l’unità con il Papa “non è costitutiva per la Chiesa particolare”. Dall’altro canto, però, questa mancanza di unità è anche “una mancanza interna della Chiesa particolare” e quindi la mancata comunione con il Papa rappresenta “un’insufficienza di questa cellula vitale”. In sintesi, il Papa dichiara: “Resta una cellula, può chiamarsi Chiesa, ma nella cellula manca un elemento, e cioè il collegamento con l’intero organismo”. Questo tema 16 dovrà essere ulteriormente approfondito nel corso del dialogo futuro. b) La divisione della Chiesa in occidente Se teniamo presente l’ampia portata del dialogo teologico con le Chiese ortodosse, è facile comprendere che esso non ostacola o impedisce in nessun modo, ma al contrario permette e facilita il dialogo teologico con le Chiese e le Comunità ecclesiale nate dalla Riforma. A complicare questo dialogo è il fatto che lo scisma della Chiesa occidentale del XVI secolo ha generato un nuovo tipo di Chiesa, che si differenzia sostanzialmente dalla struttura ecclesiale fondamentale della Chiesa antica. Di conseguenza, il dialogo 17 ecumenico con queste Chiese e Comunità ecclesiali non può occuparsi semplicemente di singole differenze dottrinali, ma deve fare i conti con una diversa struttura ecclesiale ed un diverso tipo di Chiesa. La Chiesa cattolica romana riconosce naturalmente in queste Comunità ecclesiali essenziali elementi ecclesiali, come l’annuncio della Parola di Dio ed il battesimo. Tuttavia, a differenza di quanto avviene nella Chiesa cattolica e nella Chiesa ortodossa, nelle Chiese e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma il ministero episcopale, quando è presente, fa parte dell’ordinamento esterno della Chiesa piuttosto che della sua intima natura. E a differenza di quanto avviene nella Chiesa cattolica e nella Chiesa ortodossa, le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, al di là delle pur notevoli differenze esistenti tra loro, considerano la Chiesa istituita non sull’Eucaristia, ma sulla Parola di Dio e la definiscono pertanto “creatura verbi”. Ecco perché, in questo dialogo, tematiche da sempre controverse attinenti al rapporto tra Sacra Scrittura e tradizione viva della Chiesa, alla comprensione della Chiesa e dei suoi ministeri e alla missione di Maria nell’opera salvifica di Cristo si acuiscono intorno alla questione dell’importanza 18 ecclesiologica dell’Eucaristia, per cui già il Concilio Vaticano Secondo aveva osservato che le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma “specialmente per la mancanza del sacramento dell’ordine, non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico”. 19 Con la Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, firmata il 31 ottobre del 1999 ad Augsburg, è stato possibile giungere ad un importante consenso su una questione centrale che aveva condotto alla Riforma del XVI secolo. Ma la stessa Dichiarazione riconosce che le conseguenze ecclesiologiche di questo “consenso differenziato” non sono ancora state chiarite. Ciò significa che il chiarimento della natura della Chiesa deve adesso far parte dei principali punti all’ordine del giorno nel dialogo Questo documento è reperibile in K. NIKOLAKOPOULOS 14 (ed.), Papst Benedikt XVI. ..., op. cit., 370-389. J. RATZINGER, “Die ökumenische Situation...”, op. cit., 209.15 BENEDETTO XVI, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i 16 segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald (Città del Vaticano: Libreria editrice Vaticano, 2010) 133. Vedere H. SCHÜTTE, Protestantismus heute. Ökumenische17 Orientierung (Paderborn: Bonifatius, 2004). Cfr. Il documento pubblicato dal gruppo di lavoro bilaterale della 18 Conferenza episcopale tedesca e dei responsabili della Chiesa Unita evangelica-luterana della Germania: Communio Sanctorum: la chiesa come comunione dei santi (Brescia: Morcelliana, 2003). Unitatis redintegratio, n. 22.19 6 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 81 / Spring 2012ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma. Questo tema assume una rilevanza ancora maggiore se, guardando alla storia, consideriamo che la Riforma in generale e Martin Lutero in particolare miravano ad un rinnovamento complessivo di tutta la Chiesa e non alla fondazione di nuove Chiese, che essi, come ha osservato giustamente il teologo protestante Wolfhart Pannenberg, volevano tutt’altro che “la separazione di Chiese protestanti particolari dall’unica Chiesa cattolica” e che, di conseguenza, la successiva nascita di Chiese protestanti e riformate particolari non testimonia “il successo, ma piuttosto il fallimento della Riforma”. Va20 riconosciuto perlomeno che la Riforma del XVI secolo è rimasta incompiuta e tale dovrà rimanere fino a che non sarà ripristinata l’unità di una Chiesa rinnovata nello spirito del Vangelo. Poiché al movimento ecumenico sta a cuore il successo –per quanto tardivo– della Riforma, nella prospettiva del suo cinquecentesimo anniversario è opportuno fare un bilancio auto-critico di come protestanti e cattolici intendono oggi la Riforma: come rottura completa o in permanente continuità con i 1500 anni precedenti, che ci accomunano. Presentati i due diversi tipi di divisione della Chiesa ed i problemi ecumenici che ne conseguono, ci troviamo nel mezzo del lavoro ecumenico attuale. Questo lavoro, come la vita stessa, non ha sempre un corso lineare, ma è segnato a volte da delusioni e perfino da qualche passo indietro, come ha notato in maniera realistica il Cardinale Karl Lehmann: “Nella vita dello spirito e della fede, non ci sono mai solamente viali principali senza intricati vicoli, deviazioni, sentieri insicuri, vie laterali e strade fuorvianti.” Tale costatazione non deve essere motivo 21 di rassegnazione, ma un’opportunità per parlare di una grande svolta nell’ecumenismo odierno e questo innanzitutto in modo positivo. Infatti, i risultati conseguiti finora nel lavoro ecumenico devono riempirci di gratitudine, di gioia e di speranza. Al contempo, però, è inevitabile provare anche dolore e sofferenza. Questo doppio volto di Giano dell’ecumenismo è dovuto al fatto che, quanto più ci siamo avvicinati gli uni agli altri, tanto più dolorosa è la consapevolezza che non siamo ancora nella piena comunione ecclesiale, che non possiamo ancora sederci insieme intorno alla mensa eucaristica del Signore e che dunque non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo indicatoci dal Concilio Vaticano Secondo. È paradossale che il progresso ecumenico stesso sia uno dei motivi fondamentali dell’attuale insoddisfazione ecumenica. Particolarmente urgente è quindi comprendere quali sono i prossimi passi da compiere per far avanzare l’ecumenismo. 3. Sviluppi recenti nel movimento ecumenico Sarà possibile rispondere a tale domanda solo se avremo il coraggio di riconoscere anche le dolorose ferite aperte nel processo di avvicinamento ecumenico e se prenderemo atto, anche in questo senso, della grande svolta avvenuta nell’ecumenismo odierno. Per avere una visione d’insieme, torniamo all’immagine del viaggio aereo ecumenico e tentiamo di fotografare dall’alto il paesaggio ecumenico che si è molto trasformato nel corso degli ultimi anni e decenni. Dovremo qui limitarci a menzionare cinque cambiamenti fondamentali sopravvenuti nella situazione ecumenica. a) Cambiamento di paradigmi nella teologia ecumenica Nel complesso possiamo costatare con gioia, soddisfazione e gratitudine che per molti cristiani l’ecumenismo non è più una parola sconosciuta, che incute timore. Esso è diventato piuttosto una realtà concreta. Quest’ecumenismo di vita ha un’importanza fondamentale, seppure venga spesso frainteso come contrario agli sforzi teologici tesi al superamento di questioni confessionali controverse o come una contrapposizione tra ecumenismo a livello di comunità di fedeli da una parte ed ecumenismo a livello di teologi ed alti responsabili ecclesiali dall’altra. Il Vescovo di Erfurt, Joachim Wanke, vede giustamente in tale fenomeno un “blocco dell’ecumenismo auto-provocato, dovuto alla scissione tra ecumenismo ‘dall’alto’ ed ecumenismo ‘dal basso’”. Non è 22 raro costatare che coloro che accusano il dialogo teologico nell’ecumenismo di essere soltanto un disquisire su sottigliezze teologiche ne hanno recepito in maniera insufficiente i risultati positivi del dialogo teologico. La recezione è infatti un’importante sfida alla quale va rivolta maggiore attenzione nella formazione ecumenica dei fedeli e dei pastori d’anime; essa rappresenta un presupposto fondamentale per un ecumenismo responsabile e viene giustamente richiesta dal Direttorio ecumenico. 23 W. PANNENBERG, “Reformation und Einheit der Kirche”, in: 20 Ethik und Ekklesiologie. Gesammelte Aufsätze (Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 1977) 254-267, p.. 255. K. LEHMANN, “Wie viel Hoffnung bringt die Ökumene?”21 KNA-ÖKI 20-21 (2010) 3. J. WANKE, “Erlahmt der ökumenische Impuls? Anmerkungen aus der 22 ökumenischen Praxis”, Catholica 53 (1999) 95-108, p.. 97. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ 23 DEI CRISTIANI, Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo (Città del Vaticano: Libreria editrice vaticana, 1993), soprattutto Capitolo III: La formazione all’ecumenismo nella Chiesa cattolica. Cfr. anche il documento di studio dello stesso Consiglio: La dimensione ecumenica nella formazione di chi si dedica al ministero pastorale (Città del Vaticano: Libreria editrice vaticana, 1998). N. 81 / Spring 2012Bulletin / Centro Pro Unione 7A livello teologico, il dialogo ecumenico ha conseguito molti risultati incoraggianti, anche grazie al metodo impiegato, che è marcatamente orientato verso il consenso e che, più precisamente, si articola intorno alla ricerca di un “consenso differenziato”. Secondo questo 24 metodo, da un lato il consenso raggiunto nel dialogo su un contenuto fondamentale di una dottrina nel passato controversa viene formulato e articolato congiuntamente; dall’altro, si menzionano in maniera altrettanto chiara le differenze che permangono, mostrando che esse non minano il consenso raggiunto e non sono più differenze che causano una divisione tra le Chiese, ma devono essere ulteriormente approfondite dal dialogo teologico futuro. Senza tale metodo ecumenico, non sarebbe stato possibile pervenire ad importanti documenti come, ad esempio, lo studio “Lehrverurteilungen- kirchentrennend?” elaborato dal gruppo di lavoro ecumenico di teologi protestanti e cattolici tra il 1986 e il 1994; la “Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione” del 1999 ed il Rapporto “Kirche und Kirchengemeinschaft” del 2009 della Commissione Internazionale di dialogo cattolica-veterocattolica. Negli ultimi tempi, il metodo ecumenico del consenso differenziato è stato criticato sotto molti aspetti, è stata proclamata la fine del cosiddetto ecumenismo del consenso ed è stato postulato un cambiamento di paradigmi, che sancirebbe la sostituzione dell’ecumenismo del consenso con un ecumenismo della differenza. Strettamente legato a questo metodo è25 l’idea, presente già nel teologo protestante Gerhard Ebeling, della “differenza di fondo” che esisterebbe nell’ecumenismo protestante-cattolico e che non potrebbe essere superata. Tuttavia, al di là del fatto che 26 il cosiddetto modello della differenza non ha portato finora risultati che hanno fatto avanzare le cose, è inimmaginabile che il modello del consenso differenziato possa essere sostituito, soprattutto se è animato dall’ermeneutica della reciproca fiducia, senza la quale il lavoro ecumenico sarebbe destinato allo stallo. b) Nuova ricerca della propria identità confessionale Dietro questo cambiamento di paradigmi nella metodologia ecumenica si cela un’ulteriore trasformazione del paesaggio ecumenico. Dopo il considerevole avvicinamento verificatosi tra le confessioni nel corso degli ultimi decenni, oggi in quasi tutte le Chiese è ritornata con forza a farsi strada la ricerca della propria identità confessionale. Questo fenomeno viene riassunto in modo particolarmente chiaro nel concetto diffuso dal Vescovo protestante Wolfgang Huber di un “ecumenismo dei profili”, che, secondo la propria logica interna, tende a delineare la propria identità in contrasto con quella delle altre Chiese e ha ad esempio la pretesa di essere la “Chiesa della libertà”. La riflessione sulla propria identità confessionale è27 certamente comprensibile e auspicabile, poiché l’incontro ed il dialogo presuppongono l’esistenza e la consapevolezza di una propria, chiara identità e significano “arricchimento e sfida”, dato che l’ elisir di lunga vita dell’ecumenismo consiste precisamente nello “scambio dei doni”. Ma tale ricerca diventa difficile o pericolosa quando, al posto della convinzione, maturata progressivamente negli ultimi decenni, che ciò che già ci unisce è maggiore di ciò che ancora ci divide, subentra la tendenza a sottolineare univocamente soprattutto la differenza. L’intensa ricerca della propria identità confessionale è da considerarsi tanto importante quanto la ricerca comune dell’unità dei cristiani. Tuttavia, essa può ostacolare il riavvicinamento ecumenico quando vecchi pregiudizi e animosità, che si pensavano superati, continuano a gravare pesantemente ancora oggi sulle relazioni tra le Chiese cristiane. Un importante passo avanti potrebbe invece essere compiuto se tutte le Chiese e Comunità cristiane riconoscessero insieme di avere le proprie irritazioni ecumeniche ed evitassero così di lanciare singole accuse. Di fatti, la riflessione sulla propria identità confessionale è un processo riscontrabile oggi non soltanto in specifiche Chiese, ma in quasi tutte le Chiese e Comunità ecclesiali. Soltanto se tutti ammettono insieme che stanno facendo tale riflessione, allora essa non sarà più un ostacolo per l’ecumenismo, ma un’opportunità di comprensione ed arricchimento reciproci. L’onestà nelle relazioni ecumeniche, sia nella critica che, soprattutto, nell’autocritica, è infatti la conditio sine qua non per il prosperare dell’ecumenismo. c) La controversa individuazione dell’obiettivo ecumenico Strettamente legato a quanto appena detto è il fatto che, nel corso del tempo, l’obiettivo del movimento ecumenico è diventato sempre più confuso. Soprattutto le Chiese e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma hanno Vedere H. J. URBAN, “Methodologie, ökumenische”, in: W.24 THÖNISSEN (ed.), Lexikon der Ökumene und Konfessionskunde (Friburgo: Herder,. 2007) 871-873. Vedere U. H. J. KÖRTNER, Wohin steuert die Ökumene? Vom 25 Konsens-zum Differenzmodell (Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 2005). Vedere A. BIRMELÉ e H. MEYER (edd.), Grundkonsens – 26 Grunddifferenz. Studie des Strassburger Instituts für Ökumenische Forschung. Ergebnisse und Dokumente (Francoforte/Paderborn: Lembeck/Bonifatius, 1992). W. HUBER, Im Geist der Freiheit. Für eine Ökumene der Profile27 (Friburgo: Herder, 2007). 8 Bulletin / Centro Pro UnioneN. 81 / Spring 2012progressivamente abbandonato l’obiettivo originario di unità visibile nella comunione della fede, dei sacramenti e dei ministeri ecclesiali a favore del postulato di un mutuo riconoscimento delle diverse Chiese come Chiese e come parte dell’unica Chiesa di Gesù Cristo. Che tale obiettivo sia da considerarsi insufficiente e contrario ai principi teologici dell’ecumenismo cattolico e ortodosso è stato affermato da Papa Benedetto XVI con chiare parole: “La ricerca del ristabilimento dell’unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero. Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore.”28 Se analizziamo da vicino la pretesa, sempre più forte da parte protestante, di un mutuo riconoscimento, alla quale è collegato il postulato di un’immediata eliminazione di tutte le divisioni, possiamo individuare in essa anche un rifiuto spirituale, ovvero una mancata disponibilità a cambiare se stessi. Questo rifiuto di lasciarsi cambiare teologicamente e spiritualmente nel dialogo è stato definito giustamente dal Cardinale Karl Lehmann “eresia spirituale”.29 Il fatto che finora non sia stato possibile pervenire ad un accordo realmente solido sull’obiettivo del movimento ecumenico e che in parte siano stati rimessi in discussione consensi parziali raggiunti al proposito nel passato è dovuto fondamentalmente all’impossibilità di riconciliare, oggi come ieri, i diversi concetti confessionali di Chiesa e di unità della Chiesa. Dato che esistono tanti obiettivi ecumenici quante ecclesiologie confessionali, non è possibile passare senza attriti dal proprio concetto di Chiesa e di unità della Chiesa ad un modello di unità ecumenicamente compatibile. Un’ulteriore difficoltà risiede nella tuttora scarsa consapevolezza di questa problematica elementare. Ma poiché non può esserci nessuna ecclesiologia e nessun ecumenismo neutrali da un punto di vista confessionale, ciò significa che la riflessione chiarificatrice sul concetto di Chiesa e di unità ecclesiale deve essere il primo punto all’ordine del giorno nelle future discussioni ecumeniche. 30 d) Nuove controversie etiche Vi è un altro cambiamento nel paesaggio ecumenico che non va dimenticato. Nel corso degli ultimi anni e degli ultimi decenni, nell’ecumenismo sono emerse in campo etico fortissime tensioni e divergenze. Queste sono diventate particolarmente visibili all’interno della Comunione anglicana mondiale, portandola sull’orlo di una dolorosa divisione e spingendo gruppi interi di fedeli, insieme ai loro pastori e vescovi, ad entrare nella Chiesa cattolica. Risposte divergenti a sfide bioetiche e di etica sociale da una parte e, dall’altra, alla problematica etica dell’omosessualità, sia che si parli di ammissione di omosessuali praticanti ai ministeri ecclesiali che di benedizione di unioni omosessuali, sono presenti anche in altre Chiese e Comunità ecclesiali, al cui interno vengono trattate in maniera marcatamente polarizzata. Il problema fondamentale che si cela dietro questo fenomeno è capire se e fino a che punto le Chiese cristiane nei loro standard etici possano adeguarsi oppure debbano opporsi allo spirito dei tempi.31 Sembra paradossale che, mentre si è riusciti in parte a superare vecchie opposizioni confessionali riguardanti le posizioni di fede o perlomeno ad operare reciproci avvicinamenti, oggi affiorino soprattutto grandi divergenze sulle questioni etiche. Mentre in una fase precedente del movimento ecumenico vigeva il motto: “La fede divide e l’agire unisce”, oggi sembra essere vero l’esatto contrario: è soprattutto l’etica che divide, mentre la fede unisce. Ma se le Chiese e le Comunità cristiane non riusciranno a parlare con una sola voce davanti alle grandi problematiche etiche del nostro tempo, allora ciò nuocerà alla credibilità dell’ecumenismo cristiano stesso nelle odierne società. Poiché BENEDETTO XVI, Omelia durante i Vespri per la conclusione 28 della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura il 25 gennaio 2011. K. LEHMANN, “Wie viel Hoffnung bringt die Ökumene?”, 29 KNA-ÖKI 20-21 (2010) 8. Cf. K. KOCH, Dass alle eins seien. Ökumenische Perspektiven 30 (Augsburg: Sankt Ulrich Verlag 2006), bes. zweites Kapitel 31-68: Systematische Verortung des ökumenischen Kernproblems. In questo contesto, è interessante ciò che ha rilevato ad esempio 31 l’ampio studio “The Churching of America” sulla partecipazione alla vita ecclesiale nell’America del Nord: se si considerano insieme tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali cristiane, si nota non solo che la partecipazione negli ultimi duecento anni è aumentata rapidamente, ma anche che la crescita maggiore è stata registrata da quelle Chiese e Comunità cristiane che non si sono adeguate alla corrente culturale predominante, ovvero alla cosiddetta “mainstream”. Il motivo di questo chiaro risultato è evidente: se la Chiesa riproduce, come fa il mondo, solo la realtà del mondo, allora si presenta semplicemente come il doppione del mondo, come il suo doppione religioso. Le Chiese potranno avere un futuro soltanto se avranno il coraggio di mettere a fuoco la loro specifica fisionomia. Naturalmente la Chiesa è sempre Chiesa nel mondo e ha cose da imparare anche dal mondo. Tuttavia essa non può essere un mero specchio del mondo, limitandosi a riflettere il mondo con le sue conquiste ma anche con la sua desolazione. N. 81 / Spring 2012Bulletin / Centro Pro Unione 9Next >