Nota Storica · Collegio Innocenziano
Il Collegio Innocenziano, eretto sul prospetto occidentale di Piazza Navona all’angolo con Via di S. Agnese, rappresenta l’ultimo intervento costruttivo del grandioso progetto intrapreso dalla famiglia Pamphilj che diede alla piazza il suo carattere barocco.
I Pamphilj ebbero un ruolo decisivo nella trasformazione della piazza, acquistando tutta la serie di edifici che si affacciavano sul lato ovest e unificandoli nel complesso monumentale che comprende il palazzo Pamphilj, la chiesa di S. Agnese in Agone e il Collegio Innocenziano.
Il processo di acquisizione degli edifici che avrebbero formato l’Insula Pamphilj era iniziato già nel 1470 con Antonio Pamphilj, un nobile di Gubbio che, divenuto avvocato e procuratore fiscale presso la Camera Apostolica, aveva preso dimora nei pressi di Piazza di Parione (l’attuale Piazza Pasquino) e aveva poi notevolmente allargato la sua proprietà con l’acquisto di alcune case adiacenti.
L’espansione delle proprietà dei Pamphilj a Piazza Navona ebbe un rapido incremento con Giovanni Battista Pamphilj, eletto cardinale nel 1630 e poi papa nel 1644. Tra il 1630 e il 1654 vennero infatti acquistate tutte le proprietà presenti nell’isolato in cui si trovava la prima dimora dei Pamphilj, incluso Palazzo Ornano, su cui fu costruito il Collegio Innocenziano.
Il Collegio era destinato ad ospitare il clero della chiesa di S. Agnese, il collegio per i figli dei dipendenti dei Pamphilj avviati alla carriera ecclesiastica e la biblioteca di famiglia, fino ad allora conservata a palazzo Pamphilj.
Il nucleo originario della biblioteca Pamphilj era costituito da opere di argomento giuridico, filosofico, storico e teologico appartenute al cardinale Girolamo Pamphilj (1544-1610). La raccolta fu accresciuta da Innocenzo X e poi ulteriormente ampliata con l’immissione del fondo Aldobrandini dopo il matrimonio di Camillo Pamphilj con Olimpia Aldobrandini. Nel marzo 1662 la Pamphiliana, secondo l’inventario redatto dal suo primo bibliotecario Nicolò Angelo Caferri, contava duemiladuecentocinquanta libri.
I lavori per la realizzazione dell’edificio durarono a lungo: distrutto Palazzo Ornano intorno al 1654, il Collegio non era ancora completato nel 1666, poiché Camillo Pamphilj nel suo testamento, redatto tra il 20 e il 25 luglio 1666, chiese al figlio Giambattista di portare a compimento l’edificio e di trasferirvi la biblioteca. Probabilmente i lavori al Collegio subirono dei ritardi a causa della morte di Innocenzo X nel gennaio del 1655 e dell’alternarsi alla guida del cantiere di Francesco Borromini e di Girolamo e Carlo Rainaldi.
Giambattista Pamphilj, affiancato dalla madre Olimpia Aldobrandini, curò la sistemazione della biblioteca di famiglia nel piano nobile del Collegio e incaricò della decorazione del salone principale della biblioteca Francesco Cozza, pittore calabrese della scuola del Domenichino, che vi lavorò dal 1667 al 1672.
Il tema dell’affresco è il Trionfo della Divina Sapienza con le quattro branche del sapere e i quattro elementi ed insieme il trionfo delle famiglie Pamphilj e Aldobrandini.
Il centro del soffitto è dominato dalla figura della Divina Sapienza che tiene nella mano sinistra un libro dai sette sigilli sormontato da un agnello e nella mano destra reca uno scudo al centro del quale splende una colomba circondata da raggi di luce, simbolo dello Spirito Santo.
La Sapienza è affiancata dalle allegorie delle tre virtù teologali: la Fede, recante un libro aperto, la Speranza, caratterizzata da un’ancora e un giglio, e la Carità, raffigurata come una donna vestita di rosso che porta in braccio un bimbo.
Ai quattro angoli dell’affresco sono raffigurati gli Elementi: il Fuoco è un giovane vestito di rosso che agita sulla testa un drappo giallo, l’Aria è una donna alata vestita di bianco recante in mano due colombe, l’Acqua è rappresentata da Nettuno su di carro trainato da cavalli marini ed infine la Terra, raffigurata come Tellus recante due cornucopie traboccanti di frutta e spighe.
Accanto a ciascun Elemento trovano posto altre allegorie concettualmente correlabili, come l’Acquario sopra il carro di Nettuno e, accanto alla figura dell’Aria, l’Aura, vento di primavera, raffigurata come una fanciulla dai capelli biondi sparsi al vento, con fiori nelle mani, colta nell’atto di soffiare.
Il gruppo dell’Elemento Aria è dominato dalla figura di Giunone assisa sul suo carro trainato da pavoni. La dea, tradizionalmente associata all’aria e alle manifestazioni atmosferiche, reca in mano dei fulmini e un tamburello, che allude al rumore del tuono.
Speculare a Giunone, sopra l’Elemento Fuoco si trova Venere, seduta sul suo carro tirato da due colombe e affiancata da tre giovinette, presumibilmente le tre Grazie.
Il gruppo iconograficamente più articolato si sviluppa intorno all’Elemento Terra. Sopra la personificazione della Terra siede una figura femminile vestita di verde e con un copricapo turrito che potrebbe essere identificata con l’Oikoumene, ossia la Terra abitata. Essa si trova al centro di un anello, simbolo del ciclo dell’anno, su cui sono raffigurate le allegorie delle stagioni: l’Inverno è un grande angelo vestito di bianco che sparge fiocchi di neve, l’Autunno è un puttino recante uva, pere ed altri frutti tipici della stagione, l’Estate è caratterizzata dal falcetto e dalle spighe ed infine la Primavera è un angioletto con le mani piene di fiori.
Sui lati dell’affresco campeggiano le allegorie delle quattro branche del sapere: la Teologia, seduta su un globo stellato, appoggia un piede su una ruota, la Musica è una donna intenta a suonare una viola, la Scienza, rappresentata come una donna alata e dalla testa circondata da un nimbo stellato, tiene in mano un compasso, mentre la Retorica coronata di alloro tiene in mano una tavoletta e leva verso l’alto la penna in cerca di ispirazione.
Tra le allegorie del sapere trovano posto alcuni puttini alati che recano le insegne araldiche della famiglia Pamphilj (la colomba, il ramo d’olivo e i tre gigli) e della famiglia Aldobrandini (la corona dentata e le sei stelle a otto punte) insieme ai simboli del potere papale (la tiara e le chiavi), a ricordo dei papi Clemente VIII Aldobrandini e Innocenzo X Pamphilj.